Il 27 giugno 1980 un aereo passeggeri, il DC9 Itavia partito da Bologna e diretto a Palermo, viene abbattuto (secondo altri: esplose) nei cieli di Ustica, causando 81 morti. Il 2 agosto dello stesso anno una bomba (ma forse non solo una) esplode alla stazione di Bologna. In poco più di un mese, oltre 160 tra uomini, donne e bambini innocenti vengono uccisi senza un perché ancora chiarito, senza mandanti definitivamente scoperti. In “Ustica&Bologna” (La nave di Teseo), Paolo Cucchiarelli per la prima volta mette a fuoco la relazione tra le due stragi, mette in ordine una quantità straordinaria di documenti, dichiarazioni, sentenze, inchieste giudiziarie, inchieste giornalistiche, scatti fotografici, tracciati radar. Offrendo al lettore una ipotesi nuova e coerente sui mandanti e sul perché l’Italia sia stata vittima di due attacchi così efferati e sanguinosi.
Qual è la relazione tra la strage di Ustica e quella alla stazione di Bologna?
Il doppio filo che lega Ustica a Bologna è intessuto di diversi e molteplici nodi, ma il principale è questo: con queste due stragi l’Italia viene richiamata all’ordine dai suoi alleati esteri dopo essere finita, suo malgrado, in uno scontro tettonico di politica internazionale, dall’Europa agli Stati Uniti fino al Medi Oriente, dove all’epoca imperversa lo scontro Iran-Iraq. Entrambe le stragi sono le due facce di una stessa medaglia.
Perché i nostri alleati avrebbero ordinato quella di Ustica?
A bordo del DC9 Itavia era presente una quantità di uranio arricchito che l’Italia stava per consegnare a Gheddafi e delle barre di uranio che sarebbero dovute finire al Pakistan per la costruzione della bomba islamica. La politica estera italiana di quel periodo non poteva essere accettata passivamente né dagli USA, dove era in atto lo scontro tra le fazioni pro Reagan e pro Carter, né dalla Francia.
Chi la ordinò?
Strutture clandestine statunitensi, francesi e isrealiane. Sulla presenza di queste ultime, nel libro, evidenzio una testimonianza agli atti che è stata ritenuta affidabile dagli inquirenti. La frase più importante di questa inchiesta l’ho trovata, ormai molti anni fa, in un libro scritto da Andrea Purgatori, Daria Luca e Paolo Miggiano. In “A un passo dalla guerra” Purgatori scrive, riportando le parole di un anonimo informatore straniero che lo contattò anni fa, un uomo che si fece chiamare J. Fortum: “Questa operazione [Ustica] non parte dall’Italia; questa è una operazione decisa da Parigi: nella sede Cia di Parigi […]. I nostri, insomma l’aereonautica, sapevano che ci sarebbe stata un’operazione quella sera ma non sapevano esattamente quale: così, quando è successo il pasticcio hanno capito e si sono spaventati perché non avevano i dettagli”. Questa frase rinvia alla presenza in tutte e due le vicende di una struttura clandestina dei servizi segreti Usa, il Secret team, presente insieme al Sac, le Squadre di azione civile, struttura parallela francese e probabilmente ai servizi israeliani.
Come fu condotto l’attacco?
Il Dc9 fu abbattuto con una complessa azione, militare nelle modalità ma terroristica nella sostanza. Un attacco non ortodosso cioè portato con modalità che nelle intenzioni non dovevano lasciare tracce sul velivolo dell’Itavia e essere “invisibile” ai radar. L’ipotesi dell’attacco non ortodosso non è mai stata avanzata fino ad oggi. Nel libro viene documentato il modo in cui è stato realizzato. E che evidentemente non è stato perfetto, perché delle tracce le ha lasciate. Così come viene raccontato del modo in cui per anni ci siamo concentrati sul famoso Mig libico e meno sulla presenza di un F14 americano.
Nel libro c’è un personaggio-chiave di grande importanza e la cui intervista, finora inedita, chiarisce tante cose. Marco Affatigato, l’ex estremista nero dall’insolito destino, stimato da Sandro Pertini e vittima di uno strano depistaggio…
Edwin Wilson, uomo del Secret team dietro le stragi, gestisce il principale protagonista pubblico di queste due stragi: cioè Marco Affatigato, indicato come presente a bordo del Dc9 ed impegnato in una missione (il suo cadavere era individuabile per il suo orologio Baume e Mercier) e poi fermato e estradato in Italia dalla Francia perché sospettato di aver deposto lui l’ordigno scoppiato nella sala di aspetto di seconda classe alla stazione di Bologna. Due stragi un unico nome: perché?
Torniamo alle due stragi, che sarebbero collegate: perché ci fu quella di Bologna?
Perché i nostri governanti non capirono (o fecero finta di non capire) il primo avvertimento, così 36 giorni dopo Ustica ecco Bologna. Le recenti indagini della Procura generale ipotizzano che mandante-pagatore della strage del 2 agosto siano gli Usa attraverso finanziamenti giunti, tramite Licio Gelli, ai “ragazzini” dei Nar condannati per la strage del 2 agosto. Esattamente la conclusione di questa inchiesta ipotizza il coinvolgimento operativo diretto di strutture parallele di Usa- il Secret team- francesi- le Sac e del Mossad o comunque di strutture legate all’intelligence israeliana. Ben presente in questa vicenda, come in Ustica, i mercenari di Bob Denard e per testimonianze fatte in tempi diversi e soggetti diversi: Marco Affatigato (Ustica) e Carlo Digilio (Bologna). Il cerchio si chiude.
Perché, se i nostri governanti di allora sapevano cos’era successo, hanno acconsentito affinché venisse insabbiato tutto?
Perché non siamo un paese serio. Delle potenze straniere ammazzano 160 persone in territorio italiano in 36 giorni e poi ci tirano il bidone costringendoci al silenzio. Su questo la frase più cinicamente cristallina la pronunciò pochi anni fa, in un libro, Francesco Cossiga, presidente del consiglio dell’epoca: “Se c’è un’esigenza internazionale, si può tacere anche davanti a 160 morti”.
La famosa ragion di Stato…
Esattamente. Al cospetto della quale tutto e tutti devono piegarsi. Cosa che in Italia è accaduta per quarant’anni.
Cosa rappresentano, dopo tutti questi anni, queste due stragi?
Chiudono un’intero ciclo e in fondo un tratto storico che ha profondamente inciso sulla nostra storia: nel 1978 si uccide Moro, nel 1980 la sua politica, cambiando definitivamente i connotati genetici del concetto di politica uscito dalla Resistenza. Perché, anche se pochi se ne sono accorti all’epoca, Ustica e Bologna rappresentano un altro 8 settembre, forse la fine definitiva di una nazione, perché chi ha avuto lealtà nei suoi confronti è stato sistematicamente emarginato o eliminato.
Dopo la pubblicazione di “Ustica&Bologna. Attacco all’Italia” cosa cambierà?
Nulla. In un paese diverso, il giornalista che ha svelato aspetti inediti del caso-Moro verrebbe chiamato il giorno dopo da una procura per raccontare la sua versione. Cosa che non è mai accaduta. E sono abbastanza certo che non accadrà nemmeno stavolta. Il bello è che per “Ustica&Bologna. Attacco all’Italia” non ho avuto accesso a documenti segreti, ho semplicemente messo in fila le carte (scoperte) presenti sul tavolo. Carte scoperte che nessuno finora ha voluto leggere né collegare tra loro.
Fonte fanpage.it