Aveva troppe frequentazioni di mafia il patron dell’ex gruppo Valtur, Carmelo Patti, deceduto due anni fa. Fra i suoi più stretti collaboratori c’è stato anche il cognato del superlatitante Matteo Messina Denaro, Michele Alagna. Adesso, scatta la confisca per l’impero del muratore di Castelvetrano diventato nel giro di vent’anni il capitano d’azienda simbolo dell’industria turistica italiana. Le indagini del centro operativo Dia di Palermo bloccano un impero da 1,5 miliardi euro, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani presieduta da Piero Grillo ha firmato una delle più grandi confische della storia dell’antimafia.
Passano allo Stato i beni della vecchia Valtur, oggi in amministrazione straordinaria: tre resort al momento chiusi (Punta Fanfalo, Favignana; Isola Capo Rizzuto, Crotone; Kamarina, Ragusa), il Golf club Castelgandolfo, una imbarcazione in legno di 21 metri, la “Valtur Bahia”. E poi ancora 400 ettari di terreni, 232 immobili e 25 società che operano anche nel settore del cablaggio di componenti elettrici per autovetture. E’ stato l’altro business del cavaliere Patti, il primo vero affare dopo il suo arrivo a Robbio (Pavia) all’inizio degli anni Sessanta. La società “Cablelettra” si occupava di componentistica per gli elettrodomestici, a metà degli anni Ottanta iniziò a lavorare per la Fiat.
Soldi al “postino” del latitante
La proposta di confisca avanzata dal direttore della Dia, oggi è il generale Giuseppe Governale, racconta che negli anni d’oro degli appalti Fiat partivano trasferimenti di denaro dalla “Cable sud” di Carmelo Patti verso un insospettabile sindacalista della Uil, Santo Sacco, che poi si è scoperto essere uno dei fidati postini del superlatitante Messina Denaro. Sui conti di Sacco sono passati quasi un miliardo delle vecchie lire. Cosa c’era per davvero dietro la maxi frode fiscale scoperta all’epoca attorno alla Cable Sud?
Dice il direttore Governale: “Continua l’azione programmata e programmatica di attacco dello Stato all’enorme patrimonio economico finanziario della criminalità organizzata. Un’infiltrazione diretta e pervicace della famiglia mafiosa di Castelvetrano. E oggi finisce definitivamente l’epoca di un imprenditore contiguo con gli interessi di Cosa nostra”
Nelle mille pagine del provvedimento firmato dal tribunale di Trapani c’è un capitolo dedicato ai collaboratori di giustizia. Angelo Siino, il ministro dei Lavori di pubblici di Cosa nostra, ha messo a verbale: “Patti era persona legata alla mafia trapanese, ed era anche massone”. Il pentito parla dei contatti fra Patti e “Mastro Ciccio”, Francesco Messina: “Tanto che Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”.
L’ultimo affare
Prima del tracollo finanziario, nel 2010, Carmelo Patti prova un ultimo assalto imprenditoriale, la costruzione di un nuovo villaggio, con vista sulla bellissima spiaggia di Campobello di Mazara. I carabinieri del Ros scoprono che ad occuparsi dell’acquisto dei terreni e della spartizione dei lavori per il movimento terra è il boss del luogo, Nicolò Polizzi, un altro fedelissimo del latitante Matteo Messina Denaro. Il figlio del padrino, Pietro Luca Polizzi, viene invece assunto nella “Valtur spa” e diventa presto il factotum del nipote di Patti, anche lui impegnato nel progetto del nuovo villaggio turistico, che poi non è mai sorto. Un’altra frequentazione poco raccomdandabile.
Repubblica.it – Salvo Palazzolo