La marineria di Mazara rischia di “naufragare”. Il numero dei pescherecci diminuisce annualmente e non se ne costruiscono di nuovi. L’ultima “mazzata” arriva dal Ministero delle politiche agricole che ha pubblicato il 20 novembre scorso il decreto emesso il 31 ottobre n. 21218 in cui figurano nell’elenco ben 25 pescherecci del compartimento marittimo di Mazara avviati alla demolizione. Si tratta di natanti di grosso tonnellaggio ma anche di più ridotte dimensioni che ridimensionano, comunque, la flotta peschereccia che, una volta era la prima d’Italia per numero di natanti. Nella graduatoria è segnato il punteggio di ammissione ed in base a questo l’armatore o le società armatrici ricevono un congruo premio di risarcimento che oscilla tra i 300 e i 700 mila euro. Richieste di demolizioni che non riguardano, comunque, solo Mazara (nell’elenco figurano anche pescherecci di Trapani) ma tutti i più importanti porti della Sicilia dove, complessivamente , sono oltre 400 i pescherecci che verranno demoliti con la consegna delle licenze di pesca. E all’orizzonte non sembra che si costruiscano nuove imbarcazioni. A Mazara, , negli ultimi due anni non è stato costruito nessun nuovo peschereccio, qualcuno ha avviato la ristrutturazione del vecchio natante. Si demolisce perché l’armatore non riesce più ad andare avanti e decide di disfarsi dell’imbarcazione e intascare il premio di demolizione per pagare i debiti contratti con le banche. Negli anni sono “scomparsi” a Mazara oltre 100 pescherecci di circa 200 tonnellate di stazza lorda che si dedicavano alla pesca d’altura , oggi sono circa 80. “Se non ci sarà nei prossimi anni una inversione di tendenza – spiega l’ingegnere Giuseppe Pernice dell’Osservatorio della pesca – le demolizioni continueranno e la pesca è destinata a ridimensionarsi, almeno quella d’altura. Potranno continuare a lavorare le piccole imbarcazioni che partono la mattina presto e rientrano nel primo pomeriggio o la sera. Occorrono da parte dei governi e della comunità europea finanziamenti destinati alla ristrutturazione dei natanti e bloccare per alcuni anni gli incentivi per le demolizioni. Non è una ricetta ma bisogna studiare bene il problema perché è anche sociale considerate le migliaia di licenziamenti che ci sono stati e che ci saranno per la scomparsa dei pescherecci”. L’obiettivo ribadito è quello di contenere lo sforzo di pesca praticato fino a qualche anno fa ritenuto troppo pesante tanto da aver impoverito le risorse ittiche marine. Il Cnr di Capo Granitola da anni afferma “che bisogna diminuire lo sforzo di pesca” perché i pesci continuano a scarseggiare. Pernice aggiunge: “La politica comunitaria di salvaguardia delle risorse ittiche attuata nel corso di questi anni ha ridotto il numero di natanti da pesca da 4.329 a 2.882, la stazza da 231.185 GT (grosso tonnellaggio) a 164.446 GT e la potenza motori da 343.922 kW a 241.303 kW. Altro dato che fa riflettere – ha continuato Pernice – è l’età media della flotta peschereccia siciliana: 34,56 anni. Bisogna adesso puntare all’innovazione ed al risparmio energetico ”. Sono finiti i tempi anni ’70 e ’80 quanto la flotta di Mazara era costituita da 320 pescherecci (tra quelli di altura e altri di medio e piccolo tonnellaggio) solcava il Mediterraneo da nord a sud e che costituivano un patrimonio operativo di grande valore e dunque una massiccia potenzialità di aggressione delle risorse ittiche. Una attività che ha prodotto considerevoli redditi e buona occupazione, specialmente tra gli extracomunitari, ma che ha finito per incidere negativamente anche sulle grandi potenzialità del mare. A queste circostanze di ordine naturale, si sono aggiunte quelle di carattere economico: aumento del prezzo del gasolio e dei costi di gestione dei pescherecci sovradimensionati. Consequenziale la contrazione della flotta peschereccia e dunque degli occupati diretti e del consistente indotto. “Negli ultimi dieci anni – dice il presidente del Distretto della pesca, Giovani Tumbiolo – si sono rottamati non solo i pescherecci ma anche le braccia”. Si calcola che a Mazara almeno 2000 lavoratori, oltre l’indotto, hanno perso il posto di lavoro e per una città marinara e che trae profitto principalmente da questa attività, è stata una perdita solenne.
(Fonte: Giornale di Sicilia – Salvatore Giacalone)