Il Consiglio dei ministri approva il decreto Bonafede che include misure sull’ordinamento penitenziario ma anche quelle legate alla tutela della privacy per l’app Immuni. Su quest’ultima parte, spiegano fonti del governo, sono state apportate alcune modifiche rispetto alla bozza del provvedimento circolata nel pomeriggio.
Nella nota del Cdm si legge che il mancato utilizzo dell’applicazione non comporterà alcuna limitazione o conseguenza in ordine all’esercizio dei diritti fondamentali. I dati personali raccolti sono esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell’applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid- 19, nonché ad agevolare l’eventuale adozione di misure di assistenza sanitaria in favore degli stessi soggetti, si legge ancora.
La piattaforma per la app Immuni sarà “realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite da amministrazioni o enti pubblici o società a totale partecipazione pubblica”. L’uso dell’app, spiega la nota, nonché ogni trattamento di dati personali sono interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza (31/7, ndr) e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, entro cui tutti “i dati personali sono cancellati o resi anonimi”.
SARÀ VOLONTARIA. Dunque, una “norma di rango primario” per la legittimazione dell’app, così come chiesto dal Parlamento e dal Garante della Privacy. E viene ribadito che l’app sarà volontaria e non ci saranno limitazioni per chi non la scarica, verranno inoltre adottate “misure tecniche e organizzative per garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi per i diritti e le libertà degli interessati”.
Da un punto di vista tecnico l’applicazione non userà la geolocalizzazione ma traccerà solo “i contatti stretti”, quindi userà il bluetooth. E come ha chiarito la ministra Pisano, capofila della task force che ha scelto l’app Immuni, il sistema italiano dovrà tenere conto del modello di Apple e Google ispirato alla decentralizzazione (nello specifico al protocollo DP-3T), con i dati conservati sui dispositivi degli utenti. I due big dell’hi-tech proprio ieri hanno iniziato a distribuire le versioni di prova agli sviluppatori di diversi paesi del mondo. Il rilascio della versione definitiva è prevista a metà maggio, di conseguenza l’app italiana dovrebbe essere lanciata dopo quella data.
COME FUNZIONERÀ. Ogni dispositivo su cui è scaricata l’app genera un codice identificativo temporaneo e anonimo che viene scambiato tramite bluetooth con i dispositivi vicini (in base a parametri che saranno fissati). A intervalli di tempo i cellulari scaricano da un server, che da noi sarà a gestione pubblica molto probabilmente di Sogei, i codici dei cellulari di chi è risultato positivo. Se l’app ritrova questo codice all’interno della propria memoria fa apparire un messaggio a cura dell’autorità sanitaria. Il decreto prevede anche una piattaforma istituita presso il Ministero della Salute – in coordinamento con Protezione Civile, Iss e le strutture sanitarie pubbliche e private – che si occuperà degli “ulteriori adempimenti necessari al tracciamento dei contatti e per l’adozione di correlate misure di sanità pubblica e di cura”.
In sostanza se un cittadino è positivo dovrà selezionare l’opzione e così tutti gli smartphone con l’app sapranno se lo hanno incontrato, senza però sapere chi è, poichè scaricano periodicamente i codici dei contagiati. L’app segnala, attraverso una notifica, se si è stati vicini a un infetto entro due metri e per più di 15 minuti (contatti stretti) o meno di 15 minuti (contatti causali).
Al momento, secondo Pisano, Immuni “non si occupa del diario clinico” e Bending Spoons, la società che l’ha ideata, ha dato la disponibilità a “sviluppare pro bono il software per una durata di sei mesi” in funzione della sua messa in esercizio. Per la ministra l’app funzionerà anche se l’adotterà il 25-30% degli italiani. “L’adozione di una norma primaria e la valutazione d’impatto dell’app sono delle garanzie dal punto di vista della privacy.Resta ancora poco chiara la fase successiva alla comunicazione del contagio, quella che dovrebbe prevedere l’avvio di test e tamponi”, spiega Fulvio Sarzana, avvocato ed esperto di diritto dell’informatica e delle telecomunicazioni.
Gds.it