“Tutto cambia, anche il modo di chiedere una mano”. Si presenta così Oopz, app rilasciata il 18 maggio (sia per iOS sia per Android), che punta alla creazione di una community a cui rivolgersi nei momenti di bisogno, per chiedere aiuto.
Come spesso accade, tutto è nato da una situazione di necessità in cui si è trovato, ormai quasi cinque anni fa il fondatore e CEO Vincenzo Bruno. O meglio, da due situazioni. «Nel 2015 ero in barca con degli amici, in una baia, ed eravamo rimasti senza più niente da bere e mi sono trovato a pensare: se qualcuno avesse una bottiglia qui intorno, gliela pagherei oro. Avevo un bisogno e non sapevo come soddisfarlo. L’anno, dopo viaggiavo in autostrada e all’ultimo ho visto una signora ferma nella corsia d’emergenza con una gomma a terra. Nel flusso del traffico non mi sono potuto fermare per aiutarla, ma avessi potuto sapere in anticipo che aveva bisogno di aiuto, lo avrei fatto volentieri».
Inizia a prendere forma l’idea di un’app che agevoli in queste situazioni, che semplifichi la possibilità di contattare persone vicino a noi in modo che ci possano aiutare. L’idea rimane a decantare ancora per qualche mese, finché nel 2016 a Barcellona, un amico di Vincenzo gli fa notare che un servizio simile in Spagna esisteva da qualche tempo: Glovo. «Ho capito che era il momento di provare a realizzare la mia idea – racconta Bruno –. Tornato a Torino ho trovato il mentor giusto per farmi guidare in questa nuova avventura: Vito Grippaldi. Ho creato la startup innovativa, poi abbiamo avviato un po’ di ricerche di mercato per validare l’idea.» Dopo quasi 10 mesi, nel 2019 viene affidato lo sviluppo dell’app a un’azienda e da qualche giorno l’idea di Vincenzo ha preso forma. Nella prima settimana dal lancio, l’app è stata usata otto volte, principalmente per farsi portare la spesa a casa, visti i tempi. In un caso però, è stato chiesto aiuto per svuotare una cantina.
Come chiedere aiuto agli helper
Il funzionamento di Oopz è molto semplice. Dopo aver scaricato l’app ed essersi registrati, in caso di necessità si lancia una richiesta di aiuto, che di default arriva alle persone geograficamente vicine, in un raggio di 10 chilometri. Se si preferisce però, è possibile scegliere una specifica area geografica in cui si vuole lanciare la propria richiesta.
In fase di lancio, sono quattro le categorie previste di aiuti. “In panne” copre i casi in cui si abbiano problemi con il proprio mezzo di trasporto. «Se rimango senza benzina alle due di notte, sono disposto a pagare magari anche 20 o 30 euro qualcuno che mi porta quei due o tre litri di carburante che mi servono a raggiungere la pompa di benzina più vicina – spiega Bruno –. Molto meno del costo di un carro attrezzi, ma un bel guadagno per l’Helper che interviene.» Ci sono poi le sezioni “Smarrimento”, “Trasporto” e “Aiuto generico”, in cui rientrano ad esempio gli acquisti per conto di qualcuno, ma anche la possibilità di farsi accompagnare nella visita a una città che non si conosce.
Al momento del lancio di un “oopz” si sceglierà anche la ricompensa per l’Helper, il quale a sua volta potrà decidere se intervenire o meno. Non solo in base all’ammontare della ricompensa, ma anche valutando i feedback di chi ha lanciato la richiesta.
Non gig, ma community economy
Si tratta di un’app di “sharing on demand” un po’ sui generis: punta principalmente sul concetto di comunità e al momento l’utilizzo è completamente gratuito. «E resterà gratuita almeno per un anno. Abbiamo una visione a lungo termine e l’obiettivo al momento è quello di acquisire utenti. Poi decideremo come guadagnare, se introducendo delle piccole commissioni, con la pubblicità o in altri modi – spiega Bruno –. Dopo una prima fase di rodaggio su Torino, puntiamo ad espanderci, prima Milano, poi via via tutta l’Italia. Intanto stiamo cercando un fondo di Venture per sostenere le spese di marketing e promozione necessarie alla fase di lancio.»
L’“oopz” di Oopz è stato inviato, resta da vedere se ci sarà qualche investitore pronto a raccoglierlo.
La Stampa – LUCA INDEMINI