Di seguito alcuni stralci dell’intervista di Michela Mercuri, esperta di Libia e docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei all’Università di Macerata ,rilasciata alla testata giornalistica Il Sussidiario.
In questo momento l’Italia ricopre un ruolo, autoinflittosi, assolutamente marginale, avendo lasciato campo libero alla Turchia. L’Italia deve in qualche modo riavvicinarsi ad Ankara, piaccia o meno: non a caso si è appena svolto un incontro fra Di Maio e il ministro degli Esteri turco. L’Italia oggi è marginalizzata e lo resterà. Se vuole tornare in partita, deve ingraziarsi Erdogan, non è una cosa piacevole, ma è quello che il nostro paese ha prodotto per colpa della sua assenza.
Il caso dei pescatori italiani fermati e detenuti in Libia: è una minaccia al nostro paese? Che sviluppi ritiene ci potranno essere?
È un vero e proprio ricatto da parte di Haftar. Il sequestro è avvenuto proprio il giorno dopo in cui Di Maio ha incontrato il presidente del parlamento di Tobruk, rifiutando l’incontro con Haftar. È un modo per dimostrare che il generale conta ancora e vuole un riconoscimento da parte dell’Italia. È anche la prova ulteriore della nostra marginalità.
In che senso?
Ci siamo rivolti alla mediazione degli Emirati, dei russi e degli egiziani, a conferma della nostra assenza nel teatro libico. La mediazione però sembra non aver portato alcun risultato, ma potrebbe esserci quasi un paradosso. La Turchia, che ci ha aiutato a liberare Silvia Romano, nella Libia orientale non ha interlocutori e potrebbe rivolgersi a Mosca, finendo che per ottenere la liberazione dei pescatori alla fine dovremo rivolgerci ancora a Erdogan.
Intervista di Paolo Vites – Ilsussidiario.net