Produzione col segno meno quest’anno per l’olio extra vergine di oliva nelle province di Palermo e Trapani, con perdite che vanno dal 10 al 60 per cento a seconda delle zone maggiormente colpite, nei mesi passati, da vari eventi climatici sfavorevoli. La quantità, a causa della ciclicità del raccolto, sarà comunque inferiore alle medie in tutto il territorio regionale: la stima della produzione siciliana 2020 – secondo l’indagine condotta dagli osservatori di mercato di Cia-Agricoltori Italiani, Italia Olivicola e Aifo-Associazione italiana frantoiani oleari – sarà di 28.500 tonnellate di olio contro le 34.353 del 2019. Molto alta, invece, la qualità media del prodotto che verrà fuori dalla spremitura delle olive, quest’anno piccole ma dalla polpa molto concentrata per la mancanza di acqua. Il segno negativo precede la stima delle produzioni di tutte le regioni del sud, Puglia in testa che accusa un crollo del 51%, mentre andranno meglio le cose nelle regioni del centro e del nord Italia.
A condizionare la produzione nei territori di Palermo e Trapani sono stati vari fattori. Innanzitutto la scarsità di piogge durante tutto il 2020, la grave siccità invernale – nessuna pioggia nei mesi di gennaio e febbraio – e le poche precipitazioni primaverili. Niente pioggia neanche a settembre e ottobre; e poco influirà sul raccolto (iniziato quest’anno in anticipo) l’acqua caduta durante questa settimana. Mesi e mesi di siccità che hanno messo in difficoltà anche una pianta forte e che affonda le proprie radici in profondità come l’ulivo. Un campanello d’allarme ulteriore sul cambiamento climatico in atto in Sicilia negli ultimi anni, caratterizzati da lunghi periodi secchi alternati ad eventi atmosferici alluvionali dal carattere sempre più subtropicale, come i nubifragi di metà luglio prima a Palermo e poi a Catania.
Altri tre i fattori climatici che hanno influito sulla produzione. Il primo è l’ondata di scirocco di metà maggio, un periodo delicato nel quale l’ulivo è tra la fioritura, l’impollinazione e l’allegagione, cioè la nascita del frutto: un momento decisivo per lo sviluppo del futuro raccolto di olive e della successiva produzione di olio che è stato rovinato dall’anomala ondata di caldo che ha colpito soprattutto il Palermitano e la zona nord della Trapanese. Il secondo è stato il tasso di umidità per tutto agosto e settembre, che ha favorito l’attacco della mosca. Il terzo, infine, le forti raffiche di vento di settembre che hanno fatto cadere parte del raccolto attaccato dai parassiti rovinandolo.
Andando al dettaglio, in provincia di Palermo la zona delle Madonie, dove i frantoi sono già in funzione visto l’anticipo della maturazione, accusa un -50% di produzione. L’attacco della mosca olearia è stato tardivo e non avrà grosse ripercussioni, ma lo scirocco di maggio ha bruciato buona parte della fioritura. Il risultato sono alberi spogli, foglie secche e olive con poca ma ottima polpa. Lungo la costa occidentale della provincia, tra Partinico e Carini, la siccità si è fatta sentire pesantemente e i guasti ripetuti alla diga Poma, che serve anche ad irrigare le campagne del comprensorio dello Jato, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione di chi aveva la fortuna di essere raggiunto dalla distribuzione idrica. Il calo varia dal 10 al 20 per cento, i produttori si consolano però con un olio che ha qualità eccezionali, ottenuto da oliva Cerasuola, amaro e pungente e con un’alta concentrazione di polifenoli, un antiossidante naturale. Il prezzo per il consumatore dovrebbe essere di 7 euro al litro, all’ingrosso invece il prezzo è di 5,50 euro.
Stesso prezzo di 7 euro al litro in provincia di Trapani dove il raccolto si presenta a due facce. Male nella fascia costiera nord, da Alcamo a San Vito Lo Capo: dopo la super produzione del 2019, quest’anno si registra un calo della varietà Cerasuola che va dal 40 al 60 per cento. Si è salvato chi cura l’irrigazione con i laghetti e ha poi seguito passo passo la fase produttiva, intervenendo quando c’era bisogno. Situazione a macchia di leopardo, invece, nell’entroterra fino ad arrivare a una produzione addirittura sopra la media nella zona del Belice (Castelvetrano, Santa Ninfa, Partanna) dove la varietà Nocellara è uscita quasi indenne dagli eventi climatici.
“Siamo di fronte ad un’annata sfortunata per la maggior parte dei nostri territori”, ha dichiarato Antonino Cossentino, presidente cella Cia Sicilia Occidentale. “Annata – ha aggiunto – che poteva andare comunque meglio se le nostre campagne fossero state servite meglio da un sistema di irrigazione che, purtroppo, fa acqua da tutte le parti. La siccità è un problema che si può limitare dotandosi di maggiori e migliori infrastrutture, quest’anno invece la Regione ha deciso di tagliare del 30% la fornitura di acqua alle campagne. E alcune dighe hanno pure erogato a singhiozzo. L’olivicoltura siciliana rischia di restare schiacciata tra i problemi climatici e la concorrenza in atto da parte delle grandi aziende che immettono nel mercato olio a 2,50 il litro che in etichetta riporta la scritta ‘extra vergine di oliva’. Un prezzo impossibile da contrastare, visto che fare un litro di olio extra vergine a noi produttori costa quasi 5 euro. Quindi, che olio c’è nelle bottiglie che troviamo sugli scaffali dei supermercati? Bisogna premiare la filiera agricola che si impegna nella produzione di un olio di qualità, garantendo prezzi più equi e remunerativi”.
Cia Sicilia Occidentale