I numeri sono terrificanti. Per chi li legge. Figuriamoci per chi li vive. La pandemia nella quale viviamo ha steso un velo su tutto ciò che non è Covid-19. Non si parla d’altro. Ma chi è vittima di violenza più che alle parole pensa a sopravvivere. Per questo è importante il 25 novembre, la Giornata contro la violenza sulle donne.
Perché la data del 25 novembre
È stata l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 a istituire il 25 novembre come la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Un data emblematica. Perché ricorda il brutale assassinio assassinio nel 1960 delle tre sorelle Patria, Minerva e María Teresa Mirabal. Torturate, picchiate e infinine gettate in un dirupo per simulare un incidente. La loro colpa era erara robellarsi al regime di Rafael Leónidas Trujillo, che comandava sulla Repubblica Dominicana.
Il colore ufficiale di questa giornata contro la violenza sulle donne è, a livello internazionale, l’arancione. Per questo in alcuni Paesi si chiama l’Orange Day. Ma in Italia, dove si celebra solo dal 2005, si usa il rosso. O meglio, si usano le scarpe rosse.
Abbandonate per strada. Sull’angolo di una via di passaggio. Sulle gradinate della piazza della città. Per noi quel simbolo così femminile e orgoglioso – il rosso è un colore forte, anche da portare – oggi ha unsignificato molto più tetro. È stata l’artista messicana Elina Chauvet a usarlo per prima. La sua installazione, che ha fatto il giro del mondo, si chiamava Zapatos Rojas. E da forma d’arte si è trasformata in denuncia contro i femminicidi. Più in generale, nella presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica.
Dire no alla violenza sulle donne
Fino al 19 novembre di quest’anno, sono state 96 le donne uccise. Tre quarti di queste da un fidanzato, un marito, un ex. E poi ci sono quelle che sono ancora vive. Ma con ferite difficilmente rimarginabili. Il quadro impietoso che ne fa l’Istat lascia senza parole. Il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Una donna su tre. A cui si aggiungono quelle che subiscono violenze psicologiche o economiche. Ma in che razza di mondo viviamo? La pandemia ha acuito il problema. Lo sapevate che le chiamate al numero antiviolenza 1522 tra marzo e giugno 2020 sono state più di 15 mila? E cioè il 119,6 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2019.
Le frasi contro la violenza sulle donne
Sono sempre di più le donne famose, o che rivestono ruoli importanti, a far sentire la loro voce a favore delle donne. «È giusto avere una data per ricordare la storia o gli eventi e significa che ce n’è bisogno. Il tema è delicato e attuale stiamo cercando di evolverci tutti insieme, di aiutarci uomini e donne, donne tra donne, c’è ancora tanta strada da fare», ha detto durante un’intervista Elodie. Da sempre molto attenta alle forme di violenza sui social, dagli insulti al bodyshaming.
Anche la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, seconda carica dello Stato dopo il Presidente Mattarella, è intervenuta proprio in queste ore. «Il contrasto alla violenza sulle donne parte da quelle prospettive di autonomia morale ed indipendenza materiale che sono l’arma più potente contro ogni forma di martirio al femminile», ha detto a un convegno. Riferendosi anche all’annosa questione del lavoro femminile e della disparità di stipendio. «Armi che si costruiscono lottando contro stereotipi e penalizzazioni, battendosi affinché nessuna emergenza, neanche una pandemia di portata globale, possa segnare un arretramento di fronte al cammino di emancipazione femminile».
Uomini dalla parte delle donne
Per fortuna, ci sono anche tantissimi uomini che si schierano senza se e senza ma in questa guerra insensata. Lo ha fatto Tiziano Ferro. Con un post sui suoi social. «Legate. Imbavagliate. Insultate. Sottopagate. È il 2020 e le strisce rosse di dolore e sangue non sbiadiscono sul nostro viso. E ci chiediamo ancora se ci sia bisogno di una legge contro la misoginia?!?».
Lo ha fatto l’ex calciatore della Juventus Claudio Marchisio. Che su Instagram ha preso le difese – sacrosante – della giovane maestra torinese licenziata perché un ex ha messo online un loro filmato intimo. «Giusto per chiarire la questione: “Il video hard della maestra” in realtà si chiama revenge porn. Il revenge porn è un reato, oltre che una terribile violenza. Fare sesso non è un reato (neanche per le maestre). Lei è innocente. Lui un criminale, oltre che uno stronzo. Discorso chiuso».
Le associazioni contro la violenza sulle donne
Con dei numeri come quelli che abbiamo riportato, sul nostro territorio si sono attivate numerose reti di sostegno. Tantissime sono locali. E offrono aiuto e ascolto a chiunque lo chieda. A chi è vittima di violenza domestica, la più diffusa e la più difficile da estirpare. A livello nazionale, il punto di riferimento è D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza”. La prima associazione italiana a carattere nazionale di centri antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne. Anche attraverso di loro, con l’ausilio di avvocate e psicologhe, è possibile entrare in contatto con realtà più vicine a casa o, addirittura, internazionali.
Le iniziative per la Giornata contro la violenza sulle donne
Quest’anno, a causa della pandemia, le iniziative per dire stop alla violenza sulle donne sono state stravolte. In alcune città italiane sono stati organizzati dei convegni e dei corsi. Fruibili anche via web (molto interessanti quelli dell’Osservatorio Interuniversitario sugli Studi di Genere delle Università di Roma).
Il canale Crime+Investigation (su Sky al tasto 119), dedica la programmazione del 25 novembre alla Giornata internazionale per la eliminazione della violenza contro le donne con una serie di iniziative dal titolo Basta abusi contro le donne. Attraverso documentari e approfondimenti. E sulle pagine social della rete, ci sono dei brevi interventi di Elisa Ercoli, presidente dell’associazione Differenza Donna, che spiega le varie forme di violenza e invita chi ne ha bisogno a contattare il numero anti violenza e stalking, il 1522.
Fonte amica.it