I controlli sul Green Pass nei luoghi di lavoro potranno avvenire anche in anticipo, ma non più di 48 prima dall’orario di entrata in servizio del lavoratore o della lavoratrice. La norme è contenuta nella bozza di Dpcm che punta a fare chiarezza su uno dei nodi più intricati dell’obbligo di Certificazione verde nel settore pubblico e privato a partire da venerdì 15 ottobre. Il provvedimento, che attende la firma del presidente del Consiglio Mario Draghi, contiene infatti sia le informazioni tecniche, logistiche e informatiche per la verifica dei Pass sia nella pubblica amministrazione che nelle aziende di piccole, medie o grandi dimensioni.
Controlli sul Pass fino a 48 ore prima
“Per far fronte a specifiche esigenze di natura organizzativa, come ad esempio quelle derivanti da attività lavorative svolte in base a turnazioni, o connesse all’erogazione di servizi essenziali, i soggetti preposti alla verifica” possono richiederlo ai lavoratori “con l’anticipo strettamente necessario e comunque non superiore alle 48 ore, ciò anche in relazione agli obblighi di lealtà e di collaborazione derivanti dal rapporto di lavoro”, si legge nella bozza. Una tempistica, quella delle 48, in linea con la durata del Green Pass più breve. Per chi non è vaccinato, infatti, e si sottopone a un tampone antigenico la Certificazione verde ha una validità di appena due giorni. Da qui la necessità di non richiedere con troppo anticipo il Pass ai lavoratori per evitare che nel frattempo scada.
App e piattaforme per le verifiche
Sia le aziende che la pubblica amministrazione avranno a disposizione app e piattaforme per il controllo del Green Pass. Non ci sarà solo la app VerificaC-19, usata dai privati ad esempio all’ingresso di bar e ristoranti. Le soluzioni informatiche per la verifica automatizzata del pass sono: Sdk, ovvero Software development kit, un pacchetto di sviluppo per applicazioni rilasciato dal ministero della Salute con licenza open source che consente di integrare sistemi di controllo; oppure il sito NoiPa, il portale Inps o altri sistemi operativi di gestione del personale di grandi amministrazioni pubbliche da almeno mille dipendenti o uffici dislocati su più sedi interagiranno con la Piattaforma nazionale-Dgc (quella dalla quale si scarica il Pass) per la verifica delle Certificazioni verdi.
Vietato conservare i Qr Code
Dei controlli è possibile tenere traccia per dimostrare di averli svolti nelle modalità indicate dal decreto ma è vietato conservare i dati dei Green Pass. Nella bozza si legge infatti che “è fatto esplicito divieto di conservare il codice a barre bidimensionale (QR code) delle Certificazioni verdi Covid-19 sottoposte a verifica, nonché di estrarre, consultare, registrare o comunque trattare per finalità ulteriori rispetto a quelle previste” le informazioni rilevate dalla lettura dei Qr code e le informazioni fornite in esito ai controlli.
Senza Qr Code valgono i documenti cartacei
Almeno in questa prima fase, per andare incontro ai cittadini che hanno avuto grandi difficoltà a scaricare i Green Pass e sono finiti nel limbo della burocrazia ed evitare, al tempo stesso di sguarnire aziende e uffici pubblici, varranno anche i documenti cartacei. Sempre dalla bozza di decreto e come riportato anche tra le Faq del sito del governo si legge: “Nelle more del rilascio e dell’eventuale aggiornamento delle certificazioni verdi Covid-19 da parte della piattaforma nazionale Dgc, i soggetti interessati possono comunque avvalersi dei documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta che attestano o refertano” una delle condizioni necessarie che danno il via libera all’ingresso del posto di lavoro (vaccinazione, tampone o avvenuta guarigione dal Covid).
Controlli a campione almeno a un lavoratore ogni 5
I controlli restano raccomandati ovunque all’ingresso, sia in modalità manuale (con l’app VerificaC-19) che con l’installazione di totem o tornelli all’ingresso (identici a quelli che misurano la febbre ma abilitati alla lettura del Green Pass) o ancora tramite le piattaforme realizzate ad hoc (come avviene già nelle scuole). Gli accertamenti, è scritto nel decreto già approvato, possono essere “svolti all’accesso della struttura, a campione o a tappeto, con o senza l’ausilio di sistemi automatici: il personale preposto al controllo vieterà al lavoratore senza green pass valido o che si rifiuti di esibirlo l’accesso alla struttura, invitandolo ad allontanarsi. Il preposto al controllo comunica con immediatezza all’ufficio competente il nominativo del personale al quale non è stato consentito l’accesso”.
Nella Pubblica amministrazione si incentiverà dunque lo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita per evitare code e assembramenti per i controlli. Laddove risultasse complicata se non impossibile una verifica ordinata senza perdite di tempo, il controllo potrà essere fatto a campione e in maniera random sul personale in misura non inferiore al 20% di quello presente in servizio. Significa che ogni giorno un lavoratore su cinque a rotazione casuale verrà comunque controllato.
La fine dello smart working nel pubblico
Per quanto riguarda il settore pubblico l’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass “coincide con la cessazione del lavoro agile come una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nella pubblica amministrazione. Conseguentemente, il massiccio ricorso al lavoro agile emergenziale, così come si è sviluppato nel corso della pandemia, è destinato a finire il 15 ottobre 2021”, è scritto nel Dpcm firmato dal premier. Nel settore privato dove lo smart working esiste ancora, non si può usare il mancato possesso del Green Pass come criterio di scelta dei lavoratori che operano da casa.
Le sanzioni
Ogni giorno di mancato servizio nel settore pubblico di chi non ha il Green Pass viene considerato un’assenza ingiustificata, per quella giornata quindi non è prevista alcuna retribuzione. Inoltre per chi si presenta al lavoro senza il certificato verde, inoltre, è prevista una sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro. “Il quadro sanzionatorio sopra delineato non esclude, ovviamente, le responsabilità penale per i casi di alterazione o falsificazione della certificazione verde Covid-19 o di utilizzo della certificazione altrui”.
Fonte: Repubblica.it (Michele Bocci , Viola Giannoli)