Una zona franca dove evadere le tasse senza essere scoperti. Questa è stata Calstelvetrano, la città dell’ultimo grande boss latitante, Matteo Messina Denaro. A Castelvetrano negli ultimi cinque anni non c’è stata tassa comunale che non sia stata evasa in massa. Aziende, commercianti e cittadini hanno causato un’emorragia fiscale senza paragoni, ora individuata dai commissari straordinari spediti a Castelvetrano, in provincia di Trapani, dal ministero dell’Interno dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Il segno meno è una costante. Ci sono i tributi non pagati ma c’è anche la mancata riscossione, fino alle concessioni edilizie e alle convenzioni a canoni risibili di cui hanno giovato anche i favoreggiatori di Messina Denaro.
“Nell’ultimo quinquennio il Comune – dice Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune – ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano. La lotta all’evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all’1,50%. Questo significa che l’evasione era legalizzata”. Il buco fiscale è di 42 milioni di euro (35,5 milioni di entrate tributarie; 7,3 milioni di extra tributarie) e si riferisce alle imposte comunali su rifiuti, immobili, servizio idrico e imposte pubblicitarie non versate dal 2012 al 2017, durante l’amministrazione guidata dal sindaco Felice Errante.
Cifre mai riscosse. “Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro – continua Caccamo – perché il destinatario era sconosciuto o incerto, oppure perché la postalizzazione non raggiungeva gli obbiettivi che doveva raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria, sempre per gli stessi motivi”.
A dicembre 2017 stavano per scadere 1.400 cartelle esattoriali ma stavolta la Commissione le ha nuovamente notificate interrompendo così la prescrizione. I debitori più corposi sono tre aziende: Saiseb, che ha costruito l’impianto di depurazione (deve 1,7 milioni), Gemmo, che ha realizzato la rete dell’illuminazione pubblica (1,8 milioni) e Trapani Servizi, ente gestore della discarica (700.000 euro). Con tutti e tre è stato stipulato un piano di rientro. Per la restante parte invece è stato definito un piano di rateizzazione (che prima non esisteva) per cui sono già arrivate istanze di pagamento per 1,5 milioni di euro. “E’ un segnale che adesso è ora di riscuotere”, dice Caccamo. A pensarci sarà una società esterna, di Lucca.
Ma sono emersi anche meccanismi di elusione con escamotage fiscali: dal cambio dell’assetto societario al trasferimento di gestione ad altri soci, passando per la cessione di rami d’azienda o i contratti di comodato gratuito attraverso i quali veniva trasferita la conduzione dell’attività ad altri familiari. Per tenere in piedi i conti, come emerge dal bilancio consuntivo del 2016, il Comune nel quinquennio ha ricevuto 32 milioni dallo Stato, che ora dovranno ritornare indietro: 3,5 milioni come anticipazioni di tesoreria; 8,7 milioni dalla Cassa depositi e prestiti; 12,7 milioni di debiti per mutui; 17,2 milioni per altre spese correnti. Per fermare l’emorragia adesso i Commissari hanno ottenuto un’anticipazione di 6,3 milioni riservati ai Comuni sciolti per mafia e utili per pagare gli stipendi e iniziare a pagare una parte dei debiti pregressi. Nel 2017 invece le tasse da riscuotere equivalgono a 12 milioni di euro: 1,3 di entrate tributarie; 1,2 di addizionale Irpef; 6,7 di Tari e igiene ambientale; 1,6 i Tarsu; 115.000 euro di Tosap; 100.000 di pubblicità; 25.000 di affissioni pubbliche.
I commissari sono arrivati a Palazzo Pignatelli, sede del Comune, dopo il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, arrestato con l’accusa di aver favorito la mafia in base a intercettazioni di elogio e di aneddoti sul capomafia latitante, e poi assolto. E dopo un anno di gestione commissariale del solo consiglio comunale, affidato all’ex capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo. Controllando le concessioni e le convenzioni, i commissari si sono imbattuti in vari casi singolari. In uno di questi il Comune paga una locazione alle Ferrovie dello Stato per un bene, che poi viene concesso a un soggetto privato a costo zero. “Episodi come questo – continua Caccamo – creano un doppio danno erariale concreto”.
Negli anni Novanta un collaboratore di giustizia, Francesco Geraci, riferì che, riguardo all’acquisto di un terreno, “sentii Messina Denaro parlare con Sansone (imprenditore vicino a Riina, ndr) del fatto che avrebbero edificato su di esso un palazzo acquistato per creare Castelvetrano 2”, iniziativa ispirata al modello di ‘Milano 2’. Adesso verificando le concessioni edilizie rilasciate negli anni e incrociando i dati dei beneficiari si arriva ai favoreggiatori del boss. “Molto spesso i permessi per costruire sono stati concessi come favore nei confronti di soggetti vicini alla criminalità. La periferia di Castelvetrano – sottolinea Caccamo – ha avuto un’espansione urbanistica impressionante. Molte lottizzazioni sono camuffate. Abbiamo riscontrato delle lottizzazioni abusive e stiamo provvedendo alla revoca di alcune concessioni, alcune perché scadute da tempo, altre perché non sono mai state rispettate”.
Una di queste è quella del ‘Triscina Mare’, un hotel residence turistico di Michel Giacalone, 70enne presunto favoreggiatore di Messina Denaro, e padre di Angela Giacalone, assessore al Turismo durante l’ultima consiliatura. La concessione era stata rilasciata in un’area di assoluta inedificabilità e imponeva la demolizione di 3 villette realizzate, mai eseguita. Giacalone – originario di Tunisi – nel 1996 venne arrestato e poi condannato per mafia, anche per aver ospitato i fratelli Giuseppe
e Benedetto Graviano nelle camere del ‘Triscina Mare’. Oggi la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e le squadre mobili di Palermo e Trapani indagano su di lui per “procurata inosservanza di pena” e continuano a ritenerlo vicino alla famiglia mafiosa di Castelvetrano tanto che lo scorso dicembre, nell’ambito di una serie di perquisizioni per stanare il latitante, sono andati a cercarlo anche nel suo residence. Al quale adesso è stata revocata la concessione.
Repubblica.it