La fallimentare gestione dei rifiuti in Sicilia paga il prezzo dell’immobilismo politico e governativo che vede periodicamente affrontare il tema solo in prossimità dell’emergenza.
Prova ne sia l’ennesimo paventato aumento del 20% della Tari, che avrà un impatto assolutamente negativo su cittadini e imprese della nostra regione. Un vero e proprio paradosso se si pensa che già in Sicilia paghiamo costi incommensurabilmente maggiori rispetto ad altre regioni. Costi che ora rischiano di aumentare ulteriormente a causa della necessità di trasferimento dei rifiuti oltre i confini italiani, e che inevitabilmente andranno a gravare sulle famiglie limitando lo sviluppo socio-economico dei territori.
Di contro, l’approccio finora utilizzato riguardo alla risoluzione di uno dei problemi centrali della nostra regione è stato quello di lanciare fumo negli occhi agli amministratori locali e ai cittadini siciliani, con il facile slogan con cui si annuncia la realizzazione dei termovalorizzatori utilizzato, in ultimo, dal Presidente della Regione Renato Schifani.
Non ho preconcetti sullo smaltimento dei rifiuti attraverso il recupero energetico, ma questa soluzione rappresenta un segmento non prevalente nell’alveo di una strategia complessiva con l’obiettivo di chiudere il ciclo dei rifiuti. Riteniamo che il tema vada affrontato con la dovuta ragionevolezza e serietà nei confronti dei siciliani, anche perché è doveroso rammentare che secondo la normativa europea, obbligatoria per gli Stati membri e recepita dall’Italia, il recupero energetico è previsto solo per una parte residua dei rifiuti; quindi, non può essere il punto di partenza di un ragionamento per risolvere lo storico problema dell’emergenza dei rifiuti in Sicilia.
In particolare, si citano le seguenti direttive europee:
Direttiva 𝟮𝟬𝟬𝟴/𝟵𝟴/𝗖𝗘, la quale prevede una precisa gerarchia delle politiche di gestione dei rifiuti: 1. prevenzione; 2. preparazione per il riutilizzo; 3. riciclaggio; 4. altro recupero (per esempio recupero di energia); 5. smaltimento; nonché la 𝗗𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 (𝗨𝗘) 𝟮𝟬𝟭𝟴/𝟴𝟱𝟭 la quale, nell’ambito di un pacchetto di misure sull’economia circolare, modifica la predetta direttiva 2008/98/CE prevedendo prescrizioni che hanno il fine di rafforzare l’applicazione della “gerarchia dei rifiuti” ovvero incentivando modelli di produzione, consumo e smaltimento sostenibili.
Come evidenzia la Commissione UE, il fine della normativa europea è quello di imporre agli Stati membri l’adozione di misure specifiche che diano priorità alla prevenzione, al riutilizzo e al riciclaggio, rispetto allo smaltimento in discarica e all’incenerimento, facendo così diventare realtà l’economia circolare.
Alcuni degli 𝗼𝗯𝗶𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗲 sono i seguenti:
65% per il riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2035 (del 55% entro il 2025 e del 60% entro il 2030);
70% per il riciclaggio dei rifiuti d’imballaggio entro il 2030;
riduzione del collocamento in discarica a un 𝗺𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝟭𝟬% dei rifiuti urbani entro il 2035.
L’ulteriore paventato aumento della Tari avrà un forte impatto negativo a carico di cittadini e imprese. Il rischio concreto è quello di vanificare gli sforzi che i sindaci e le comunità hanno fatto negli ultimi anni per migliorare la raccolta differenziata. I dati in tal senso parlano chiaro: nel Dossier Comuni Ricicloni Sicilia 2022 sono 231 i comuni dell’Isola che hanno superato il 65% e rappresentano il 60% dei comuni con oltre 2 milioni di cittadini residenti. In tutti gli altri comuni, negli ultimi anni, sono stati fatti sforzi rilevantissimi e siamo, quindi, in presenza di un chiaro trend di crescita della differenziata.
Regioni come l’Emilia Romagna, avanti nell’applicazione dell’economia circolare, hanno già spento il primo inceneritore.
A quanto detto, ricordando che la Sicilia è l’unica regione italiana a non aver superato la soglia del 50% di riciclaggio, si aggiungono gli obiettivi del PNRR , fra i quali si annovera l’applicazione dell’economia circolare – che vale uno stanziamento complessivo di oltre 2 miliardi di euro – in particolare, attraverso l’ammodernamento o sviluppo di nuovi impianti di trattamento rifiuti, colmando il divario impiantistico tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud, motivo per cui il 60% delle risorse è proprio a queste ultime che sono destinate.
A proposito di impiantistica, merita una parentesi la questione degli insufficienti impianti di smaltimento del percolato e dei fanghi da depurazione, che sappiamo essere necessari a ridurre il volume e il peso dei fanghi prodotti in modo che il successivo avvio a recupero o smaltimento risulti economicamente meno dispendioso, la quale assenza alimenta, ad esempio, opacità rispetto al cosiddetto “business del percolato”. Mentre, in riferimento, agli impianti di recupero energetico, preso atto della necessità a monte di un processo accurato di raccolta differenziata, come si evince dallo stesso PNRR – sempre in ambito di economia circolare – non si può non guardare allo sviluppo del biometano, ottenuto massimizzando il recupero energetico dei residui organici, il quale può contribuire al raggiungimento dei target europei al 2030 (in riferimento alla riduzione dei gas a effetto serra), poiché utilizzabile per diversi scopi, come ad esempio per il riscaldamento e raffrescamento industriale e residenziale sia nei settori terziario e dei trasporti, nonché per promuovere la sostituzione di veicoli meccanici obsoleti e a bassa efficienza con veicoli alimentati a metano/biometano.
Alla luce delle riflessioni fin qui esposte, la presente lettera ha il fine di puntare i riflettori sui nodi reali della risoluzione dell’emergenza rifiuti nel nostro territorio, poiché il dibattito non si può e deve ridurre a “inceneritori si” o “inceneritori no”, ma deve guardare alla strategia complessiva, tenendo alta l’attenzione sull’impiantistica necessaria alla realizzazione dell’economia circolare, la quale porterebbe benefici non solo dal punto di vista ambientale (quindi anche sulla salute), ma anche dal punto di vista economico e con ricadute occupazionali. Quella del PNRR è una sfida che, soprattutto in ambito di gestione dei rifiuti, non possiamo permetterci di perdere e in qualità di legislatori e amministratori, dobbiamo pretendere dal Governo regionale estrema chiarezza e operatività.
On. Dario Safina
Deputato Regionale PD