Ogni anno, il 3 maggio è il giorno dedicato alla celebrazione del diritto fondamentale dell’uomo di poter esprimere il proprio pensiero: oggi infatti è la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, voluta dall’Unesco per difendere i media dagli attacchi alla loro indipendenza e commemorare il tributo, pagato a volte con la vita, di molti giornalisti nell’esercizio del loro lavoro.
La Giornata rappresenta l’occasione per informare i cittadini delle violazioni alla libertà di stampache avvengono nel mondo: pubblicazioni censurate, sospese, chiuse; mentre i giornalisti e gli editori vengono attaccati, incarcerati, torturati e a volte uccisi.
“È il giorno in cui si incoraggia lo sviluppo di iniziative in favore della libertà di stampa per valutarne lo stato in ogni parte del mondo”, si legge sulla pagina web dell’Unesco dedicata alla giornata. “Il 3 maggio serve a ricordare ai governi il bisogno di rispettare il loro impegno nei confronti della libertà di informazione ed etica professionale.
È anche la giornata in cui si ricordano quei giornalisti che hanno perso la vita nell’intento di raccontare una storia. Secondo l’organizzazione francese Repoters Sans Frontieres, nel 2018 sono già 23 i giornalisti uccisi, ai quali si aggiungono 4 blogger e 2 collaboratori della stampa. Molti di più quelli finiti in carcere dall’inizio dell’anno ad oggi: 176 giornalisti di professione, 126 citizen journalist e 15 collaboratori.
Nel Rapporto sulla libertà di stampa nel mondo, annualmente pubblicato dalla Ong francese, la Norvegia si distingue per il secondo anno consecutivo e resta in testa alla classifica mondiale, tallonata a poca distanza dalla Svezia. Tuttavia, sebbene i paesi del Nord Europa vantino un tradizionale rispetto per la libertà stampa, non possono più considerarsi totalmente estranei al deterioramento generale della situazione. Per il secondo anno consecutivo, infatti, la Finlandia (al quarto posto), perde un’altra posizione a causa di un “affaire” nel quale la segretezza delle fonti è stata minacciata. In fondo alla classifica, si colloca in 180esima posizione, la Corea del Nord.
La classifica mostra chiaramente come sia cresciuta nell’ultimo anno l’influenza dei cosiddetti “uomini forti”: ne sono un esempio la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping che con la loro costante repressione delle voci critiche nei confronti della politica in atto spingono i loro rispettivi paesi in coda alla classifica accanto al Vietnam, Turkmenistan e Azerbaijan.
Quando non sono i despoti, sono le guerre a trasformare i paesi in buchi neri dell’informazionecome nel caso dell’Iraq.
E in Italia? Qual è la situazione della libertà di stampa? Questo quello che scrive il Rapporto: “una dozzina di giornalisti italiani è costantemente sotto protezione politica e vive sotto scorta a seguito delle minacce che provengono dalla mafia, dai gruppi anarchici o fondamentalisti. Il livello delle violenze perpetrate nei confronti dei reporter (intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni, minacce) è preoccupante e non accenna a diminuire in particolar modo in zone come la Sicilia, la Calabria e la Campania”.
Molti giornalisti, afferma RSF, si dicono poi “preoccupati della vittoria del Movimento 5Stelle alle ultime elezioni politiche, dal momento che più volte il partito ha condannato il lavoro svolto dalla stampa e non esita a diffondere pubblicamente l’identità dei giornalisti che gli piacciono. I giornalisti scelgono sempre più spesso di censurare se stessi a causa della pressione esercitata dai politici. Secondo una nuova legge proposta, i politici, i giudici o i funzionari pubblici diffamatori sarebbero puniti con sei-nove anni di reclusione”.
Il Presidente Sergio Mattarella, nel suo messaggio in occasione della Giornata, ha rimarcato il fatto che: “Una nuova stagione di violenze contro la stampa, in Italia, in Europa, nel mondo, sembra riaffacciarsi: ancora oggi aggressioni e intimidazioni minacciano il lavoro di quei cronisti che non si piegano alla logica di interessi e poteri illegali e della criminalità, recando così un contributo rilevante alla causa della democrazia. Occorre sostenere il loro lavoro perché difendono dall’aggressione la nostra vita sociale e la nostra libertà personale e familiare, attraverso l’informazione libera e corretta. Occorre proteggere le loro voci che rifiutano ogni sopraffazione. La libertà di informazione, come attesta la nostra Costituzione, è fondamento di democrazia”.