Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sono indagati per la vicenda del video dell’arrivo in Italia dell’ex terrorista Cesare Battisti. L’ipotesi di reato è la mancata tutela della dignità della persona arrestata. La procura di Roma ha già trasmesso gli atti al tribunale dei ministri chiedendo tuttavia l’archiviazione del provvedimento per mancanza di dolo.
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Polemiche e proteste scattarono subito. In particolare quella del presidente degli avvocati penalisti di Roma, Cesare Placanica, che annunciò subito un esposto alla magistratura per verificare se il video violasse “il divieto di pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica”. Placanica inoltre ricordò che la legge prevede sanzioni a carico di chi non adotti “le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità”.
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Il ministro Bonafede si difese sostenendo che “il video aveva il fine di dare un tributo alla polizia”. Qualche giorno più tardi tuttavia, parlando alla Camera, lo stesso Guardasigilli ammise: “Il video non mi è piaciuto e riguardandolo non mi piace. L’ho detto tranquillamente e mi è dispiaciuto perché non rappresenta lo stile che dovrebbe portare avanti un ministro della Giustizia. Questo non vuol dire scaricare la responsabilità: ho fatto una cosa che riguardandola non avrei fatto”.
Questo non è bastato a fermare il lavoro dei magistrati romani, che dopo avere esaminato il video hanno tuttavia deciso di chiedere l’archiviazione nell’atto di trasmissione al Tribunale dei ministri.
Ora la decisione spetta a quest’ultimo. Decisione che appare scontata anche se in realtà non lo è. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che nel caso della nave Diciotti la procura di Catania trasmise gli atti al Tribunale dei ministri chiedendo di archiviare le accuse contro il ministro dell’Interno, ma che il tribunale optò per la scelta opposta.
C’è infine un aspetto più politico della vicenda, che riguarda il ministro Bonafede e le regole interne al M5S. Il Guardasigilli sa della vicenda da una settimana, ma si è ben guardato dal comunicarlo. Un gesto che contrasta con lo spirito di trasparenza rivendicato dal Movimento. Anche in questo caso vale la pena di ricordare che il sindaco di Parma Federico Pizzarotti venne a suo tempo espulso proprio per non avere dato notizia di un avviso di garanzia, e che la sindaca di Quarto Rosa Capuozzo venne cacciata per “gravi violazioni dei principi”, cioè per non avere denunciato presunti condizionamenti da parte della camorra. La trasparenza prima di tutto, ma evidentemente non per tutti.
Repubblica.it