A partire dal 1968, anno del terremoto, i mazaresi hanno assistito all’arrivo massiccio di uomini e donne provenienti dalla vicina Tunisia, migrazione pacifica lungo le antiche rotte percorse nei secoli dai berberi e dagli arabi, con intenti allora tutt’altro che pacifici.
Questi nostri dirimpettai sono arrivati a Mazara del Vallo anche per sollecitazione di alcuni armatori- consiglieri comunali (che presenza fastidiosa e corruttiva), che avevano colto la necessità di dare nuova linfa vitale alla “Pesca” che aveva bisogno di manodopera pronta a vivere la vita pericolosa e logorante del mare e delle lunghe battute di pesca.
Da stime attendibili si calcola oggi la presenza, in questo comune, di circa 5000 tunisini che non risultano tutti registrati all’anagrafe, ma che continuano a condivider con noi la vita della comunità mazarese. La stragrande maggioranza ha costituito famiglie ben inserite nel tessuto sociale, impegnate in tutte le attività economiche, i cui figli frequentano scuole di ogni grado. Molti i laureati. Come in tutte le comunità, qualche frangia si dedica ad attività illecite, attività che potrebbero, con il rigoroso esercizio della vigilanza attenta delle Forze dell’Ordine, essere controllate e contenute. Fa male alla città e agli immigrati laboriosi e impegnati, l’azione di pochi balordi che spacciano droghe, che vendono abusivamente pesce scongelato (e ricongelato più volte), che fanno i parcheggiatori abusivi nel centro storico e nel lungomare. In sintesi, una migrazione che è stata assorbita bene dal tessuto sociale: due comunità che vivono assieme e si rispettano, gelose ciascuna della propria cultura.
Nel 1988 il Governo Nazionale ha dirottato a Mazara del Vallo un gruppo di slavi, oggi ridotti a soli 55, che si sono stabiliti nel centro storico, entrando talora in contrasto con la comunità tunisina. Non è facile stabilire quale attività svolgano e crediamo utile che le Autorità guardino con attenzione a questa enclave che ha generato, a torto o a ragione, diffidenza e fastidio. I mazaresi sono tolleranti e allora, se nascono certe diffidenze, bisogna che si vada a fondo per chiarire ed evitare che alligni il pregiudizio verso il diverso.
Infine si contano, al 18/12/2017, n. 392 migranti richiedenti asilo, distribuiti in dodici strutture, oltre ad un numero imprecisato di altri richiedenti asilo, perché non ci risultano registrati e per loro l’accoglienza viene fatta ai margini del sistema preposto a queste attività. Una presenza sempre più numerosa per le strade della città di migranti alloggiati in immobili non sempre adatti allo scopo e senza specifica destinazione d’uso, gestiti talora da ex politicanti attraverso cooperative Onlus: ma sono davvero tali, o sono soltanto un mezzo per eludere tasse e regolamenti?
L’Italia dell’accoglienza, della tolleranza, dell’intelligente integrazione rischia di cedere il passo a imprenditori (?) che non capiscono neppure come, con il loro modo di fare “border line”, rischiano di provocare la giusta reazione delle Autorità e dei cittadini. Si è compreso, dopo i fasti e nefasti di Mafia Capitale, che questo modo di fare “accoglienza” somiglia sempre di più ad un business sporco, in cui è lecito sfruttare il debole e il diverso, in cui non si erogano servizi essenziali come un vitto decente, la conoscenza dell’italiano, l’avviamento al lavoro. Li abbiamo fatti diventare numeri a cui corrisponde una diaria giornaliera di tutto rispetto (35 €/gg), senza controlli severi, senza quell’avviamento al lavoro che solo potrebbe evitare a questi ragazzi e ragazze di scivolare verso la facile via del delinquere.
Mazara non è questa, e la comunità tunisina è la dimostrazione che sappiamo accogliere. La città vuole che la nostra storia sia diversa di quella di Mafia Capitale; la nostra storia lo è stata e deve restare nel solco della più rigorosa legalità.
Controlli severi, attenzione al numero dei migranti di cui norme precise stabiliscono la concentrazione (a Mazara dovrebbero essere 129, ovvero un terzo degli attuali) per evitare che la comunità locale non riesca ad assimilarne la presenza, rigoroso rispetto dei programmi di inserimento. Questi i punti essenziali di una politica dell’accoglienza. Non è difficile, se la volontà “politica” è in assonanza con la vera strategia del Paese Italia. Un dubbio ci assale: che non ci sia la volontà politica perché, semplicemente e tristemente, non abbiamo politici veri? Tronfi e bolsi politicanti tanti. Speriamo che una spinta venga dalle nuove generazioni che si affacciano adesso all’agone politico.
Parte di questi migranti vengono sfruttati per pochi Euro nelle campagne, altri si trovano a stazionare davanti ai supermercati a chiedere l’elemosina. Non è questa l’accoglienza che vogliamo, non è questa l’accoglienza che, invece che includere, esclude , non è questa l’accoglienza che rischia di diventare un affare per pochi, spesso i soliti noti delle turpi vicende dell’ultimo quarto di secolo della vita cittadina.
Non si comprende perché proprio le Istituzioni che gestiscono questi migranti non rispettino l’accordo sottoscritto tra l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia e il Viminale, secondo cui ogni Comune non potrebbe ospitare più di 2,5 migranti per ogni 1000 abitanti: nel nostro caso, con i dati al 31/12/2016, “soltanto” 129. Perché gli altri 270 circa? O meglio, per giovare a chi?
Centro Studi “La Voce”
Il Presidente
Girolamo Pipitone