“Siamo convinti che un luogo che per antonomasia dovrebbe essere sicuro non può e non deve trasformarsi in un possibile focolaio di contagio”. Lo scrive la Fp Cgil Palermo, in una nota indirizzata al direttore dell’Arnas Civico, al prefetto di Palermo, all’Ispettorato Funzione pubblica, preoccupata per la nuova fase dell’emergenza, con numeri sensibilmente superiori alla prima ondata, e per la sicurezza di lavoratori e pazienti del principale nosocomio cittadino.
Il riferimento è al focolaio scoppiato all’interno della II Uoc di Medicina dell’Ospedale Civico di Palermo, un reparto no-Covid, dove sono stati confermati nove casi di positività. Secondo la Fp Cgil Palermo, il focolaio è “senza ombra di dubbio una grave conseguenza anche di scelte mai condivise e scarsa applicazione di misure per la prevenzione del contagio da Sars-Cov -2 in codesta azienda”.
Al Civico, denuncia la Fp Cgil, non è stato ancora costituito quel comitato di controllo obbligatorio, previsto dai protocolli sottoscritti da ministero e organizzazione sindacale. Risultato: i lavoratori non vengono sottoposti a test, ci sono ancora dei reparti misti e, in alcune aree, non ci sono sono percorsi separati o ci sono pochi filtri all’ingresso per i parenti che alle visite salgono a trovare i pazienti nei reparti non Covid.
“La costituzione dell’apposito comitato avrebbe potuto dare, da parte dei lavoratori direttamente interessati e delle loro rappresentanze, indicazione sui reali rischi e proposte di soluzione”, scrivono per la Fp Cgil Palermo il segretario generale Giovanni Cammuca, il segretario aziendale del comparto Fortunato Corrao, il segretario provinciale Fp Cgil medici Domenico Mirabile e il segretario aziendale medici Franco La Barbera, che ne chiedono la immediata costituzione e convocazione, per adottare le misure di contenimento del focolaio in atto e per prevenirne altri.
Secondo quanto ha verificato la Fp Cgil, invece, fino al 14 ottobre il personale della seconda Medicina non Covid non è stato mai sottoposto a tampone molecolare e, pertanto, non è stata applicata la sorveglianza sanitaria prevista dal protocollo. I test di laboratorio, complessivamente, anche in altri reparti, sarebbero stati effettuati in maniera episodica e a distanza di diversi mesi. La “promiscuità” che ancora esiste tra diversi reparti preoccupa assai il sindacato. Nel caso specifico, la seconda divisione di Medicina, no-Covid, è situata al secondo piano del Padiglione 4, dichiarato padiglione Covid sin dalla prima ondata di marzo-maggio. E si trova in mezzo, come un sandwich, al reparto II Medicina Covid e a Pneumologia (anch’esso Covid), situati al terzo piano e alla I Rianimazione, che accoglie anch’essa pazienti Covid positivi, e che si trova al primo piano. E ancora: al piano terra si trovano da un lato la Terapia intensiva respiratoria (Utir), che dovrebbe accogliere ulteriori pazienti Covid e dall’altro la Gastroenterologia a indirizzo endoscopico.
“Si tratta di una condizione di inequivocabile promiscuità tra reparti Covid e non Covid, con il personale impegnato nei reparti Covid che usa gli stessi ascensori del personale impegnato nei reparti non Covid – aggiungono Cammuca, Corrao, Mirabile e La Barbera – L’accesso agli ambulatori della II Medicina non Covid, dove viene rilevata solo la temperatura, di nessun valore nel caso di positivi asintomatici, unita alla altissima probabilità che i parenti dei pazienti della II Uoc no-Covid riescano in qualche modo ad arrivare al letto dei propri congiunti, mancando un vero e proprio filtro all’ingresso che possa impedirlo, espone enormemente al rischio infezione pazienti e operatori sanitari dell’unità questione”. Per questo la Fp Cgil chiede la costituzione del comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione per mettere in sicurezza l’ospedale.
Fonte: Gds.it