“La grazia per Marcello Dell`Utri la si può certamente chiedere per le sue condizioni di salute, poi tocca però al Presidente della Repubblica concederla o meno. Ma negargli il calore di una famiglia, pur con tutte le garanzie di legge, nelle sue condizioni di salute, a me sembra davvero disumano”.
Lo ha detto monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e vescovo delegato per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale siciliana, parlando delle condizioni di salute dell`ex senatore di Forza Italia Marcello Dell`Utri, al quale il Tribunale di sorveglianza ha negato la sospensione di pena per potersi curare. “Se devo dirla tutta – aggiunge il prelato – io avrei voluto che anche Totò Riina potesse morire tra i suoi cari in casa, perché nessuno ci ha guadagnato nulla a farlo morire detenuto: Secondo me ci abbiamo perso in umanità. Perché la clemenza è sempre un atto di umanità e l`umanità è sempre superiore a qualsiasi ricerca di vendetta, comunque la si rivesta: di legalità o intransigenza”.
Dopo la decisione del Tribunale di sorveglianza che gli nega la scarcerazione, Dell`Utri ha annunciato, tramite i suoi legali, lo sciopero della fame e delle cure. “Preso atto della decisione del Tribunale che decide di lasciarmi morire in carcere – ha detto – ho deciso di farlo di mia volontà adottando da oggi lo sciopero della terapia e del vitto”. Ieri Forza Italia ha chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di concedere la grazia all`ex senatore.
Adesso, per monsignor Mogavero, “il giudice non ha una possibilità di eludere la norma che per lui è vincolante ma ci sono margini discrezionali anche nell`applicazione della norma. Le norme non sono una ghigliottina che taglia e basta, ma i giudici hanno sempre una forma interpretativa che permette di giostrare il rigore della norma con qualche `escamotage`, chiamiamolo così. Spetta all`intelligenza del giudice trovare il modo per applicarla senza evidenziarne l`aspetto del rigore estremo. Chi conosce la legge, sa bene che la legge stessa lo consente”. E ricorda: “Io sono stato nel Tribunale ecclesiastico – dice – E so che il rigore della dottrina a volte può esser coniugato con una interpretazione che guardi più al bene della persona, anziché all`affermazione teorica del primato della legge”.
Monsignor Mogavero, poi, rilancia: “Il carcere non è una vendetta. Se perdiamo di vista che il carcere serve non a vendicare la pubblica opinione per un fatto grave che l`ha colpita, ma serve per mettere in condizione, chi ha violato le leggi, di capire il male che ha fatto, e incamminarsi per un percorso di riabilitazione, se perdiamo di vista questo, allora le carceri ci sono e devono essere dure per tutti. E non devono aprirsi se non a conclusione della pena con il massimo del rigore. Se, invece, ci rendiamo conto che il carcere è un luogo di pena ma è anche un luogo dove ci sono delle persone e non dei mostri, o delle belve, perché nessuno è belva, neppure chi si è macchiato del delitto più grave”. Il vescovo ha un`opinione netta: “Io, come uomo, dico che il carcere è un luogo terribile. Non so
se tra quelli che hanno atteggiamenti oltranzisti siano mai entrati in un carcere. Io rimango molto colpito, ad esempio, dal rumore terribile delle chiavi che girano. E poi – aggiunge – i volti dei detenuti sono i volti delle persone che incontriamo tutti i giorni. E quando li vedo partecipare a messa o quando li sento parlare alla fine della messa, mi rendo conto che è una umanità ferita che ha bisogno di amore e non di sferzate continue”.
(Fonte: Repubblica.it)