Manca una settimana esatta al debutto della sanatoria dei lavoratori irregolari (italiani o stranieri) varata dal Dl Rilancio: i datori o i lavoratori interessati all’emersione possono infatti fare domanda dal 1° giugno al 15 luglio (articolo 103 del Dl 34/2020). L’edizione 2020 della regolarizzazione apre le porte solo a due categorie: braccianti agricoli e lavoratori domestici.
Il Governo stima 220mila adesioni alla procedura, in base alle domande arrivate per le ultime sanatorie del 2009 e del 2012. Ma centrare i numeri effettivi è difficile. Sia perché nei due comparti interessati dalla regolarizzazione la platea potenziale comprende fino a 1,1 milioni di lavoratori “fuori legge” italiani, cittadini Ue ed extracomunitari, mappati dall’Istat. Sia perchè, per questi ultimi, solo in alcuni casi l’irregolarità di lavoro si sovrappone all’irregolarità nel soggiorno in Italia.
La sanatoria – valida per due macrosettori: agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura; assistenza alla persona e lavoro domestico – prevede un doppio binario.
● Da un lato i datori di lavoro possono assumere un cittadino straniero presente sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020 o dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare – in corso – con cittadini italiani o stranieri. Per chi ha già un valido permesso di soggiorno, questa procedura implica solo la regolarizzazione lavorativa. Per chi non ha il permesso di soggiorno valido, l’assunzione e la regolarizzazione lavorativa consentiranno di accedere – alla conclusione dell’iter – al permesso di soggiorno.
● Il secondo canale di regolarizzazione può essere attivato direttamente dal cittadino straniero, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. Il cittadino straniero può presentare domanda per ottenere un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro della durata di sei mesi, valido solo in Italia. Questo permesso è convertibile in un permesso di lavoro, se il cittadino straniero viene assunto durante i sei mesi di validità del permesso e dimostra lo svolgimento di una attività lavorativa nei settori interessati dalla norma (agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico).
Il primo procedimento si incardina presso l’Inps per i cittadini italiani e per quelli comunitari, mentre si svolge presso lo sportello unico dell’immigrazione per gli altri lavoratori stranieri. Il secondo procedimento si svolge invece presso le Questure.
La platea potenziale: i lavoratori irregolari extra Ue
La stessa relazione tecnica al Dl Rilancio nota che nelle ultime sanatorie il numero complessivo delle domande presentate è «sempre risultato notevolmente inferiore a quello dei destinatari potenziali». Ciò non toglie che i più interessati all’emersione siano proprio i cittadini extraUe irregolari a caccia della doppia legalità rappresentata da un contratto e da un permesso di soggiorno. Secondo l’Ismu erano 562mila gli stranieri irregolari presenti in Italia al 1° gennaio 2019. Un numero che potrebbe arrivare a 670mila a fine 2020 (stima Ispi), anche per effetto dell’abrogazione della protezione umanitaria con il decreto «sicurezza» del 2018.
Tra questi, gli impiegati in modo irregolare tra braccianti e colf sono almeno 490mila, come emerge da una elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì sugli ultimi dati Istat disponibili sul lavoro irregolare per Regione.
Per calcolare il numero di lavoratori extraUe irregolari è stata proiettata l’incidenza degli extracomunitari regolari (contenuta nel «Dossier immigrazione 2019» del centro studi e ricerche Idos) sulla platea dei lavoratori irregolari, anche se nel lavoro nero l’incidenza di stranieri senza permesso di soggiorno è probabilmente più elevata.
Nel dettaglio, si stimano 40mila extracomunitari impiegati in modo irregolare in agricoltura, silvicoltura e pesca (su 220mila occupati irregolari) e 444mila nel lavoro domestico (su 920mila). La sanatoria, come detto, servirà soprattutto a loro anche perchè «senza incentivi di altro tipo – afferma Ennio Codini della Fondazione Ismu – il decreto non cambia le condizioni di convenienza del lavoro sommerso».
«A questi numeri bisogna affiancare poi qualche migliaio di irregolari che non lavorano – aggiunge Codini – che, anche se il più delle volte non hanno interesse a lavorare o faticano a trovare offerte, potrebbero in parte emergere con la stipula di nuovi contratti o di lavori “fittizi”». Le sanatorie infatti, già in passato hanno rappresentato un richiamo per i più “invisibili”, purtroppo anche dando vita a forme di finte regolarizzazioni o vere e proprie truffe.
Gli irregolari sia nel lavoro che nel soggiorno
Non tutti i cittadini extraUe braccianti o colf e badanti in nero – ricordavamo sopra – sono però senza permesso di soggiorno valido: le associazioni datoriali del lavoro domestico ne stimano circa la metà, 200mila in totale. In agricoltura gli aspetti da considerare sono diversi e in parte sfuggono anche ai dati Istat. «Il lavoro domestico – commenta ancora Codini – è più visibile e le statistiche fotografano le posizioni attive stabilmente. In agricoltura, invece, sappiamo che sono effettuate campagne per sfruttare i richiedenti asilo nei mesi della raccolta, anche solo per un mese. A volte, difficili da mappare. Alcuni territori, inoltre, sono sotto il controllo delle mafie e muovono persone irregolari tramite le reti di caporalato difficili da intercettare, ed è un’utopia pensare di farle emergere con una sanatoria». In questo senso il centro studi e ricerche Idos stima che ci siano circa 430mila posizioni in agricoltura a grave rischio di caporalato.
Sanatoria dall’appeal dubbio
Il meccanismo delle sanatorie ha finora poco appeal in agricoltura. A quella più ampia mai applicata in Italia, dopo l’approvazione della Bossi Fini, su un totale di 295.130 adesioni, solo il 4,5% dei beneficiari veniva dall’agricoltura. Prevede così un numero molto limitato di adesioni Romano Magrini, responsabile Lavoro e relazioni sindacali di Coldiretti: «Credo che aderiranno alla sanatoria non più di mille-duemila – spiega – considerando che il lavoro agricolo ha sempre goduto dei decreti flussi, che la maggior parte dei lavoratori stranieri impiegati sono romeni, bulgari e polacchi, quindi comunitari, e anche i tempi della procedura, che saranno incompatibili con le urgenze dei raccolti estivi».
«Non mi stupirei se la misura avesse un impatto più limitato rispetto ai 220mila stimati dal Governo» afferma Luca Di Sciullo, presidente di Idos. «Inoltre – continua – concedere il permesso per soli sei mesi è un tempo estremamente breve e in molti ricadranno subito dopo nell’irregolarità».
Fonte: foto e comunicato – ilsole24ore.com – di Franca Deponti, Michela Finizio e Valentina Melis