Non ha più lacrime da versare Rosetta Ingargiola, ma trova la forza per ripetere continuamente: «Voglio riabbracciare mio figlio». Rosetta è una delle tante mamme che da più di 60 giorni aspettano a casa i propri figli sequestrati in Libia. Anzi, Rosetta è la più anziana tra le mamme: 74 anni e una vita vissuta, indirettamente, col mare. Il marito era pescatore («negli ultimi mesi della sua vita andava per mare con le bombole di ossigeno»), il figlio Gaspare, anche lui, scelse il mestiere duro del marinaio.
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Poco, troppo poco per una mamma la cui vita è stata ancora stravolta: «La notte dormo poco, il mio pensiero va sempre al mio Pietro e a tutti gli altri pescatori che per lavoro sono finiti in carcere». Il pranzo, la cena, tutto era scandito dal vivere insieme col figlio. Oggi la casa è vuota: «Io non so se riuscirò a superare questo difficile momento – racconta Rosetta – quello che chiedo a chi ha l’autorità di intervenire è di fare presto. La mia speranza è quella che prima di Natale i nostri uomini possano tornare a casa e che io riesca ad abbracciare nuovamente mio figlio».
Le spoglie di Gaspare si trovano al cimitero di Mazara del Vallo dove Rosetta porta i fiori e si ferma in preghiera. Il mare per la famiglia di mamma Rosetta è stato sempre campo di lavoro e fonte di sostentamento. «Già mio padre era pescatore, poi mio marito e i miei figli hanno scelto di imbarcarsi sui motopescherecci», racconta Rosetta. «Dal mare ho ricevuto più dolori che gioie», dice tenendo in mano il cellulare dove è aperta la foto del figlio Pietro. Lui è uno dei 18 pescatori che dal 1° settembre si trovano nelle mani delle milizie di Haftar, sequestrati mentre si trovavano sui loro pescherecci nel mare Mediterraneo.
Max Firreri