Un esposto denuncia è stato depositato a fine anno su richiesta dei familiari del pilota Fabio Antonio Altruda, morto mentre stava rientrando da un volo alla base militare di Birgi, presso la Procura della Repubblica di Trapani dall’avvocato trapanese Fabio Sammartano. Il capitano Altruda è morto lo scorso 13 dicembre nel territorio di Misiliscemi, mentre rientrava all’aeroporto alla base militare del 37° di Trapani Birgi. Il padre Fernando, la madre Marilena e il fratello Alessandro vogliono la verità sulla morte del giovane e si dichiarano infatti convinti che «la causa del disastro aereo sia da imputare esclusivamente al sopraggiungere di una importante avaria al velivolo verosimilmente dovuta ad una cattiva o omessa manutenzione del mezzo».
Nelle cinque pagine depositate in procura lo scorso 31 dicembre, i familiari del capitano Altruda ricostruiscono le ore di quella tragica giornata che hanno preceduto il disastro aereo. «Il capitano Altruda – si legge ancora nella denuncia dei familiari – era partito dall’aeroporto militare di Trapani alle ore 9 circa, volando in coppia con altro identico velivolo militare, per dirigere verso l’aeroporto militare di Istrana (in provincia di Treviso, ndr) nell’ambito di una missione operativa (non esercitazione) finalizzata a scortare un velivolo militare statunitense».
Secondo la ricostruzione dei familiari, pertanto, Altruda non si sarebbe alzato in volo insieme ad un altro pilota per una semplice esercitazione ma per una missione operativa, tant’è – si legge ancora in un altro passaggio dell’atto depositato in procura – che l’aereo che stava pilotando era «con equipaggiamento armato».
«I due militari – si legge inoltre nella ricostruzione dei familiari – all’esito di quella missione avevano pranzato ed anche riposato presso i locali dell’aeroporto di Istrana, riprendendo il volo di ritorno alle ore 16.50 circa della medesima giornata per rientrare all’aeroporto di Trapani, comunicando in costante contatto radio tra loro, e così regolarmente fino al momento della sciagura in argomento».
Da qui la convinzione della famiglia Altruda che l’unica causa del disastro aereo sia da imputare ad un’avaria del mezzo e non certo ad un errore umano e la richiesta che «l’estrapolazione e la gestione delle informazioni contenute nei supporti di bordo Crash survival memory unit assy (Csmua) e Remote memory module (Rmm), contenenti i dati di bordo e le informazioni tecniche relative al volo, vengano raccolte ed elaborate non all’amministrazione militare». Per la famiglia Altruda c’è il timore che si possa palesare un «potenziale (ma non astratto) conflitto d’interesse tra le esigenze dell’amministrazione militare e le esigenze investigative dell’autorità giudiziaria, al fine di poter scongiurare l’eventuale indebita conservazione delle informazioni raccolte ad esclusivo interesse e vantaggio della politica di sicurezza militare della forza armata».
Con l’atto di denuncia ed eventuale querela rivolto a «chiunque risulti responsabile per qualsiasi reato eventualmente configurabile» i familiari del capitano Altruda chiedono infine di essere avvisati «nell’ipotesi di eventuale richiesta di archiviazione». In quelle stesse cinque pagine depositate in procura i familiari del capitano Altruda ripercorrono anche la carriera dell’ufficiale 33enne, sottolineando che «era un pilota militare assai esperto: aveva dapprima frequentato il 217° corso della scuola militare Nunziatella di Napoli, nel 2007 era entrato a far parte del corso “Ibis V” dell’accademia aeronautica di Pozzuoli e poi nel 2021 veniva assegnato in forza al 37° Stormo di Trapani maturando all’attivo centinaia di ore di volo effettuate anche in attività Euro-Nato fuori dai confini nazionali».
Fonte: gds.it – Laura Spanò