Al momento l’inchiesta ipotizza una “responsabilità colposa per morte in ambito sanitario”, ma c’è molto di più. Si parte purtroppo dal decesso di una donna per Covid. Viveva nella stessa casa del cognato, il quale si era sottoposto al tampone che aveva dato esito negativo.
Solo che il tampone era stato eseguito nel laboratorio Ecolab di Alcamo finito sotto sequestro perché avrebbe consegnato dei referti con esito falso.
L’esposto
Sul tavolo della Procura di Trapani, al momento retta dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello, l’1 novembre scorso è arrivata, tramite l’avvocato Salvatore Galluffo, la denuncia di una donna che racconta la tragica storia della sua famiglia. La sorella è morta a causa del Covid e il marito si è salvato grazie all’intervento dei medici.
Il marito sta male
La sera del 17 settembre scorso il marito di 58 anni torna a casa. Ha un forte mal di testa e una leggera febbre. Assume un antipiretico. All’indomani al risveglio ha 38,5 di febbre e dolori in tutto il corpo. La moglie contatta il medico curante che consiglia di fare il tampone. Solo che in presenza di febbre non si può fare il sierologico, ma il molecolare. Con la coppia vive anche la sorella che inizia ad accusare gli stessi sintomi. Stessa cosa nei giorni successivi accade ai figli della coppia. Tutta la famiglia è contagiata dal Covid.
A quel punto il medico li indirizza al laboratorio di Alcamo consorziato con la società Koala . Per un tampone chiedono 100 euro, troppi per farlo tutti. Al test si sottopone solo il marito. La mattina del 25 settembre arriva il risultato: negativo. Tirano un sospiro di sollievo.
Le sue condizioni, però, non migliorano e il medico curante decide di visitarlo. Ausculta i polmoni, qualcosa non lo convince e invita l’uomo ad andare in ospedale. Ed è qui che emerge la positività al Covid e l’esigenza di ricoverarlo in rianimazione. Vi è rimasto due settimane. Adesso sta meglio, ma vive ancora in isolamento in un’altra casa.
La morte della sorella
La storia si fa drammatica per la sorella di 66 anni che il 3 ottobre finisce in ospedale a Palermo dove muore il 19 ottobre. Anche lei era positiva al Covid. Secondo i familiari se avessero saputo subito dell’infezione del cognato l’intervento sanitario sarebbe stato più tempestivo.
E qui diventa decisivo il lavoro della Procura e dei carabinieri del Nas di Palermo che devono trovare l’eventuale nesso causale fra la mancata diagnosi e il decesso, oltre che la prova che il marito al momento dell’esecuzione del primo tampone non fosse realmente negativo.
Altri esposti
Il caso della donna deceduta è il più drammatico, ma di certo non l’unico. Quando si è saputo dell’inchiesta altri cittadini hanno presentato un esposto. Tutti hanno in mano un referto con esito negativo del laboratorio Emolab, eppure i successivi test molecolari hanno hanno fatto emergere il contagio. Gente che credeva di stare bene ed ha circolato come se nulla fosse.
Migliaia di tamponi falsi?
Il rischio è che migliaia di tamponi abbiano avuto un esito fasullo. L’inchiesta ha fatto emergere una falla nel sistema di controllo. Gli indagati al momento sono Benedetto Fabio Di Giorgi, rappresentante legale della società consortile Koala, e Salvatore Ciaccio direttore tecnico del laboratorio Emobal di via Torquato Tasso ad Alcamo. L’ipotesi contestata dal pubblico ministero Brunella Sardoni e disposto dal giudice per le indagini preliminari Caterina Brignone è la frode nelle pubbliche forniture.
Il laboratorio è sotto sequestro. Già nei mesi precedenti era emerso che non avesse le carte in regola per processare i tamponi, eppure non era stato stoppato. Ha continuato a processare tamponi. La catena dei controlli prevede un passaggio fondamentale. I laboratori, come quello di Alcamo, che hanno firmato una convenzione con un’azienda sanitaria, in questo caso quella di Trapani, sono sottoposti ad un controllo di qualità per potere svolgere il servizio per conto del Sistema sanitario regionale.
Una falla nei controlli
L’assessorato regionale alla Sanità ha istituito un apposito ente di controllo, con sede in piazza Ottavio Ziino, che verifica l’efficienza delle macchine con cui vengono processati i tamponi. Come? Facendo ripetere il test su campioni già processati e di cui si conosce l’esito. In caso di difformità di risultato il laboratorio deve adeguare le macchina per migliorare il servizio (così recita la convenzione).
Il punto è che ad Alcamo alcuni campioni lo scorso aprile sono risultati “inaccettabili”, evidenziando un “report macchina non idoneo”. Andò peggio il successivo mese di luglio, quando un campione con esito negativo in realtà era positivo. L’indice di errore da aprile a luglio sarebbe passato dal 25 al 45 per cento dei campioni sottoposti a controllo incrociato. Quando i carabinieri del Nas, lo scorso 9 ottobre, hanno eseguito l’ispezione ad Alcamo hanno trovato le stesse macchine senza che fosse stato eseguito l’adeguamento necessario.
Macchine non idonee
Macchine non idonee che hanno però continuato a processare migliaia di tamponi per conto dell’Asp e di privati cittadini, raccogliendo i reperti nei laboratori consorziati con sede in tanti comuni della provincia di Palermo. I carabinieri hanno acquisito la documentazione. Dicono che era impossibile processare, come risulterebbe, centinaia di tamponi in un solo giorno. E poi gli esami sarebbero risultati privi delle informazioni necessarie sui pazienti che servivano al tracciamento.
La convenzione firmata da Damiani
E qui l’inchiesta si sdoppia, non c’è solo il caso della donna deceduta ma sotto osservazione è finita la convezione tra il laboratorio e l’Asp di Trapani. A firmarla è stato Fabio Damiani, il manager dell’azienda sanitaria provinciale trapanese arrestato con l’accusa di avere intascato tangenti per pilotare le gare della sanità pubblica. (Leggi: “Appalti, giochi di potere, tangenti e oggi la sanità pubblica arranca“).
Fonte Livesicilia