Il sequestro di un altro peschereccio mazarese si è quasi consumato nei giorni scorsi. Le notizie sono state frammentarie e spesso senza fondamento o in ogni caso con delle verità non dette. Il 18 aprile scorso la Farnesina comunica al Sindaco Salvatore Quinci che due pescherecci sono a 40 miglia da Bengasi, in teoria acque internazionali, in pratica ‘Zona di protezione della pesca (Zpp)’ istituita dai libici stessi. Anche la Capitaneria di porto aveva allertato le società armatrici e la nota era stata inviata via Pec alla società con sede a Mazara, ma anche alla ‘Siciliana pesca srl’ (armatrice del ‘Michele Giacalonè e del ‘Luciano Giacalonè) e alla ‘Rosso di cuore srl’ (proprietaria dell’Artemide). Nonostante gli sconsigli del governo, i pescherecci nel frattempo erano diventati otto si sono spostati al largo di Bengasi, in zone poco sicure, sono il ‘Giuseppe Schiavone’, ‘Anna Madre’, ‘Fenice’, ‘Michele Giacalone’, ‘Aliseò, ‘Nuovo Cosimo’, ‘Antonino Pellegrino’, ‘Luciano Giacalone’ (quest’ultimo iscritto al registro navale di Napoli, anche se l’armatore è di Mazara del Vallo).
Tragedia sfiorata
Nei giorni scorsi, la situazione da pericolosa diventa grave e si sfiora la tragedia. Arriva la notizia che la fregata Alpino della Marina militare, impegnata nell’Operazione Mare Sicuro, riceveva la comunicazione via radio da un gruppo di pescherecci 7 italiani, che un gommone proveniente dalla costa Cirenaica dirigeva ad alta velocità verso di loro. Ebbene il gommone riesce ad abbordare il “Michele Giacalone“, non prima di aver intimato lo stop del natante con colpi di mitragliatrice che colpiscono parti del peschereccio. I 5 membri del gommone armati di pistola e mitragliatrice irrompono sull’imbarcazione, ormai è sotto sequestro. Tutti gli uomini dell’equipaggio, impauriti e sotto le minacce delle armi sono in ginocchio alla prua dell’imbarcazione, dalla nave della Marina Militare rimasta al largo, si alza un elicottero che sorvolava il “Michele Giacalone”, ma ormai è troppo tardi, i libici erano già a bordo. Nel frattempo, concluse le operazioni si abbordaggio e quasi-sequestro uno dei membri libici autori dell’irruzione risponde ad una telefonata, a questo punto lasciano il peschereccio. I membri dell’equipaggio, illesi ma ancora con la paura addosso per aver vissuto un vero incubo, sistemano alla meno peggio le apparecchiature danneggiati dai colpi di mitra e dopo vari tentennamenti si dirigono verso nord nel Mediterraneo centrale.
Redazione