La terza sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui, il 18 luglio 2018, il Tribunale di Marsala (giudice monocratico Mariapia Blanda) ha condannato il critico d’arte Vittorio Sgarbi a 2.700 euro di multa per diffamazione in danno del maresciallo Giovanni Teri, ex comandante della stazione dei carabinieri di Salemi (Tp), centro di cui Sgarbi è stato sindaco dal 30 giugno 2008 al 15 febbraio 2012. Il Comune di Salemi venne poi commissariato per infiltrazioni mafiose. Con Sgarbi, lo scorso anno è stata condannata (a 2 mila euro di multa) anche l’ex vice sindaco Antonella Favuzza.
Entrambi, inoltre, sono stati condannati a risarcire il danno procurato al sottufficiale dell’Arma, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariella Martinciglio. Il giudice Blanda stabilì che Sgarbi, difeso dall’avvocato Giovanni Di Giovanni di Caltanissetta, gli dovrà versare 30 mila euro, mentre la Favuzza 5 mila euro. La Corte d’appello ha confermato. Sgarbi e Favuzza, per i quali il pm aveva invocato 9 mesi di reclusione, avrebbero rilasciato dichiarazioni «tendenti a gettare discredito sull’operato» del sottufficiale, paventando anche qualche rapporto o conoscenza con Pino Giammarinaro, ex deputato regionale della Dc, andreottiano, coinvolto in varie indagini. Ma la conoscenza che il sottufficiale aveva di Giammarinaro sarebbe derivata da attività di pg nell’indagine che in seguito verrà chiamata «Salus Iniqua» e in altre che furono alla base del provvedimento sfociato nello scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose.
Indagini che Sgarbi definì «corrotte perché senza alcun riscontro oggettivo». Nello stesso processo, Sgarbi e Favuzza erano accusati di avere diffamato anche un ex consigliere comunale di Salemi, Melchiorre Angelo, in passato sostenitore della loro giunta. Da questa accusa in primo grado sono stati entrambi assolti, ma adesso la Corte d’appello ha sentenziato che Sgarbi e Favuzza dovranno risarcire, in solido, il consigliere con 5 mila euro. I due imputati, infine, sono stati condannati a pagare le ulteriori spese processuali, nonché, con 1.200 euro ciascuna, quelle sostenute dalle due parti civili.
Ansa