Due splendidi vasi “Alhambra”, provenienti da Mazara del Vallo, si trovano uno presso la Galleria Regionale di Sicilia al Palazzo Abatellis di Palermo e l’altro presso il Museo Instituto Valencia de Don Juan de Madrid.
Il primo è una “Grande anfora del tipo Alhambra” (del XIV secolo, cm 125 di altezza e cm 65 di diametro) dipinta a lustro metallico con iscrizione in caratteri cufici. La grande anfora giunse al Museo Nazionale di Palermo dalla Chiesa della Madonna del Paradiso di Mazara del Vallo e confluì nelle collezioni di Palazzo Abatellis con l’istituzione della Galleria nel 1954. Essa costituisce un pregevolissimo esempio per qualità e dimensioni di ceramica dipinta a lustro metallico (loza dorada), particolare tecnica di decorazione che prevedeva un’attenta e difficile cottura. Il minutissimo ornato descrive nella fascia centrale un’iscrizione in caratteri cufici, che ripete la medesima parola.
L’altro, conosciuto come “Jarrón de OSMA” (del XIV secolo, cm 115 di altezza e cm 67 di diametro), è un magnifico esempio dell`arte raffinata della ceramica araba. È già influenzato dagli stili e dai gusti dell`Oriente, specialmente dai persiani. Caratteristico è lo spiegamento di figure e ornamenti su un asse centrale dell`oggetto.
Questi vasi, dalla funzione puramente ornamentale, sono detti di tipo “Alhambra” poiché alcuni di essi erano destinati ad abbellire il palazzo dell’Alhambra di Granada. L’attribuzione dei vasi a maestranze di ceramisti attivi a Malaga fra la fine del XIII e i primi del XIV secolo è corroborata dai puntuali confronti con altri esemplari di questa particolare tipologia di manufatto la cui diffusione, in ambito Mediterraneo, seguiva canali diversi da quelli della ceramica d’uso, essendo destinata ad una committenza alta, con un valore eminentemente decorativo, se non simbolico e religioso.
I due vasi riportano una ubicazione originaria presso la Chiesa della Madonna del Paradiso, anche se a detta di Michele Amari, in “Storia dei Musulmani di Sicilia”, “la presenza dell’esemplare di Palazzo Abatellis è testimoniata presso il palazzo (Baglio della Gazzera?) che i Burgio, conti palatini, abitavano in Mazara nel 1868”.
Altre fonti storiografiche, a carattere locale, riferiscono che nella sacrestia della Chiesa si trovava “un artistico vaso colorito, ed a stile greco, donato da D. Andrea Perrone, aromatario; il quale, dopo il decesso di M.D. Carmelo Valenti (redentorista a Mazara dal 1858 al 1882), durante l’amministrazione economale, dal Palazzo del Vescovo è stato portato segretamente al Museo di Palermo”.
Le due anfore ebbero, dunque, nel corso del XIX secolo, ubicazioni diverse, pur trovandosi entrambe a Mazara. Una di esse, però, prese la via del mercato antiquario ed è stata intercettata, dal decano degli studi sull’arte andalusa del primi del Novecento, Manuel Gomez-Moreno, che la dirotterà nel 1926 all’Istituto de Valencia de don Juan di Madrid; l’altra si fermerà al Museo di Palermo come proveniente dalla Chiesa della Madonna del Paradiso di Mazara. E’ tuttavia possibile che il vaso, poi trasferito nella nuova sede museale di Palazzo Abatellis, sia in realtà quello proveniente da casa Burgio, stante la citazione dell’Amari, mentre sul mercato antiquario e, poi, al Museo di Madrid, sarebbe finito quello proveniente dalla sacrestia della Chiesa, secondo un percorso non chiaro in tutti i suoi passaggi.
Resta da indagare in che epoca e in quale circostanza i due esemplari siano giunti in Sicilia. E’ possibile che il loro arrivo risalga al tempo di Giovanni Burgio, Vescovo di Mazara dal 1458 al 1467, antenato della famiglia che nel XIX secolo possedeva il vaso. Soltanto a partire dalla fine del XIX secolo è possibile reperire le pur esigue notizie sul vaso che, nel vecchio Regio Museo, allocato presso il Complesso Conventuale degli Oratoriani, occupava il centro della cosiddetta “Sala araba”. A metà degli anni Cinquanta il vaso fu trasferito, insieme alle collezioni di arte medievale e moderna, nella nuova sede di Palazzo Abatellis.
Sarebbe opportuno che l’attuale Amministrazione Comunale intraprendesse un’azione forte e decisa affinché questi preziosi vasi ritornassero definitivamente in Città.
Giacomo Cuttone