Scarti di pesci a perdere. A tonnellate. Una ricchezza dilapidata. Occorre una nuova strategia culturale del mondo della pesca perché ciò non avvenga. Tra l’altro, dal 2019, l’Unione Europea impone che bisogna riportare sulla terra ferma gli scarti di pesce, un provvedimento che è stato rinviato di anno in anno ma che ora sembra non più rinviabile, appunto, per la quantità di scarti che vengono accumulati. “I rigetti in mare di alcune qualità di pesci devono essere necessariamente limitati”.
Ne è convinto il responsabile dell’Osservatorio della pesca del Mediterraneo della regione siciliana (braccio scientifico del Distretto della pesca), ingegnere Giuseppe Pernice che è stato deputato nazionale e sindaco di Mazara. Ma come fare? “Occorre – spiega – una nuova strategia che preveda la necessità di limitare i rigetti in mare attraverso la valorizzazione di risorse marine non adeguatamente utilizzate: l’uso degli scarti della pesca in altri processi produttivi, ad esempio l’acquacoltura; la lotta contro gli sprechi alimentari; la rivalutazione del cosiddetto “pesce povero”, l’utilizzo di pescherecci da rottamare quali sedi per la formazione professionale e come luoghi di fruizione turistica e culturale” . E’ stato accertato che solo il 50% circa del pesce più diffusamente trattato da gran parte dell’industria conserviera, finisce nel nostro piatto. Il restante 50%, considerato scarto, non viene infatti lavorato. Molte specie pescate, inoltre, vengono rigettate in mare o trattate come rifiuto in quanto il loro valore commerciale è basso o quasi nullo.
Una vera catastrofe sulla quale bisogna intervenire. Per il rilancio del sistema ittico siciliano necessita, secondo Pernice, una vera e propria rivoluzione silenziosa attraverso lo sviluppo delle buone prassi dell’economia circolare nell’ambito del modello di Crescita Blu. Ha aggiunto che occorre una “rigenerazione delle risorse naturali, cura dei nostri mari, sostenibilità e innovazione nei processi produttivi, responsabilità individuale e collettiva dalla produzione al mercato, la creazione di nuove figure professionali”. Sarebbero questi gli “asset” della Strategia 2018-2020 del Distretto della Pesca e Crescita Blu, dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo e del Centro di Competenza Distrettuale e già condivisi con il Direttore Generale del Dipartimento della Pesca Mediterranea, Dario Cartabellotta.
Altro tema, di cui se ne discute molto, è quello della rottamazione dei pescherecci che significa anche “rottamazione” di braccia. Soltanto a Mazara sono oltre 2000 i marittimi che hanno perso il posto di lavoro perché i pescherecci sui quali erano imbarcati sono stati cancellati dai registri navali con il deposito delle licenza di pesca. Il numero dei pescherecci diminuisce annualmente e non se ne costruiscono di nuovi.
Il Ministero delle politiche agricole ha pubblicato il 20 novembre scorso il decreto emesso il 31 ottobre n. 21218 in cui figurano nell’elenco ben 25 pescherecci del compartimento marittimo di Mazara avviati alla demolizione. Si tratta di natanti di grosso tonnellaggio ma anche di più ridotti volumi che ridimensionano, comunque, la flotta peschereccia che, una volta era la prima d’Italia per numero di natanti.
Si demolisce perché l’armatore non riesce più ad andare avanti e decide di disfarsi del natante e intascare il premio di demolizione per pagare i debiti contratti con le banche. Negli anni sono “scomparsi” a Mazara oltre 100 pescherecci che si dedicavano alla pesca d’altura. Il mondo della pesca, quella parte almeno che avverte il peso dei cambiamenti tecnologici e normativi che stanno trasformando la più antica attività produttiva dell’uomo, mostra segni di preoccupazione operativa sulle evoluzioni che il settore potrà avere in città.
“E’ un sacrilegio distruggere natanti in attività, costruiti con tanti sacrifici dagli armatori e pescatori ed oneri per la stessa comunità. La riutilizzazione – ha ribadito Pernice – di questo patrimonio con finalità sociali, e collettive, è un dovere di tutti. In questo contesto il pescatore diviene una risorsa da impiegare nella trasmissione di esperienze e know-how alle nuove generazioni”.
(Fonte: Gds.it – Salvatore Giacalone)