È pensabile che, a tal vista, il Bambino del presepe possa lamentarsi più o meno così: Come avete ridotto male il mio Natale! Non mi riconosco in questa sceneggiata! Avete stravolto tutto. Mi usate come pretesto per fare quello che vi pare, barattando il sacro per il profano. Siate seri; chiamate le cose con il loro nome; risparmiatemi questo affronto; se volete spassarvela, almeno lasciatemi in pace! Forse qualcuno si turberà per tanta crudezza, ritenendola inopportuna perché sgretola la poesia del Natale e scuote i buoni sentimenti. Ma di poetico e sentimentale il mistero dell’Incarnazione ha ben poco. Infatti, il Signore Gesù, da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr 2Cor8,9).
Di conseguenza, ci chiede che il nostro Natale sia come il suo per rendere gli altri ricchi attraverso la nostra povertà. E questo può avvenire in tanti modi: individuando in tutti i volti i lineamenti di Gesù; purificando i linguaggi; soccorrendo le diverse forme di povertà; accompagnando chi è solo; prendendosi cura di quanti sono rifiutati. Così il Bambino di Betlemme tornerà a nascere davvero, senza essere costretto «a chiudere quegli occhi amabili nel fosco orror» (canto tradizionale). E il suo sarà il nostro Natale nella forma più vera, senza surrogati dolcificanti!