Prima notte a casa per i 18 pescatori liberati in Libia e tornati a Mazara del Vallo (Trapani) ieri mattina, poco dopo le 10, dopo 108 giorni di prigionia. I quattro stranieri, due senegalesi e due indonesiani, che non hanno una fissa dimora, sono ospitati in un albergo, l’Hotel Greta di Mazara, a due passi dal porto nuovo, a spesa dell’armatore di Antartide Leonardo Gancitano. Tutti gli altri, tra cui sei tunisini, sono tornati nelle proprie abitazioni, in famiglia.
Intanto, proseguono da questa mattina, nella caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo gli interrogatori dei pescatori. A sentire i marittimi i Ros dei Carabinieri su delega della Procura di Roma che indaga sul sequestro. Ieri sono stati sentiti, per alcune ore, tra gli altri, il Comandante del peschereccio ‘Medinea’, Pietro Marrone, che ha raccontato agli investigatori quanto accaduto dal primo settembre fino a giovedì scorso quando i 18 pescatori sono stati liberati dagli uomini di Haftar. E’ stato sentito anche Bernardo ‘Dino’ Salvo, comandante del peschereccio ‘Natalino’, che è stato picchiato a sangue perché il suo equipaggio è scappato a bordo della imbarcazione. L’uomo sarebbe stato colpito al volto e allo stomaco con ginocchiate da parte dei militari libici.
La sezione antiterrorismo del Ros ha finora ascoltato quattro pescatori, due tunisini e due senegalesi. I marittimi hanno raccontato quanto accaduto nei tre mesi di prigionia. Gli interrogatori proseguiranno nel pomeriggio.
LE TESTIMONIANZE
Alcuni pescatori, tra cui i due indonesiani, hanno raccontato ieri all’Adnkronos che in carcere avrebbero sentito di uno “scambio tra prigionieri’ con alcuni detenuti libici in Italia. “Ne ho sentito parlare in prigione da un carceriere – ha detto Giri Indra Gunawan, 43 anni – ma non ci hanno voluto dire altro”. Sempre ieri, l’armatore Marco Marrone ha ricevuto la telefonata dall’ex premier Silvio Berlusconi che ha parlato di un “ruolo chiave” del presidente russo Putin nelle trattative. Secondo il Cavaliere la liberazione degli italiani sarebbe stata ottenuta proprio grazie “all’intervento di Putin”.
“E’ stato Silvio Berlusconi a dirmi al telefono che la liberazione dei 18 pescatori è avvenuta grazie all’intervento di Putin. Perché il presidente russo è molto amico di Haftar. Il Presidente mi ha detto che quando ha saputo del sequestro dei due pescherecci ha cercato subito di fare qualcosa e ha fatto intervenire Putin, che è suo amico. Non so altro…”. A parlare con l’Adnkronos è Marco Marrone, l’armatore del peschereccio ‘Medinea’, all’indomani della telefonata con l’ex premier Silvio Berlusconi. La notizia del presunto intervento di Putin con Haftar per fare liberare i marittimi mazaresi ieri ha destato scalpore.
E oggi Marrone spiega: “Io sono un milanista fino al midollo, un milanista accanito, e ieri ho parlato con il mio presidente – dice – Ho seguito tutte le partite del Milan, da sempre, ovunque. E ieri dopo l’arrivo dei pescatori il Presidente dell’Ars Gianfranco Miccihcè me lo ha passato al telefono”.Ma al telefono Berlusconi non ha parlato solo del Milan. Ha anche detto a Marrone: “Non si può dire ma è stato il signor Putin con le sue telefonate ad Haftar a fare liberare i pescatori. Non bisogna dirlo però, poi si dice che lui è un sostenitore di Haftar, ma a lui non piace questa cosa. Va bene?”. “Io l’ho ringraziato, come ho ringraziato anche il premier Conte e il governo tutto”, ha detto Marrone.
“Che emozione tornare sul mio peschereccio, non vedevo l’ora. Nei prossimi giorni verrà fatta la sanificazione. E poi sarà pronta a riprendere il mare”, ha continuato Marrone, che questa mattina è tornato al porto per salire sul suo peschereccio dopo più di tre mesi. “Una ditta di Mazara – racconta – si è offerta a fare gratuitamente la sanificazione. Sia alla mia barca che all’Antartide. Li ringrazio”. E spiega che “la notte scorsa, per la prima volta dopo tre mesi, ho dormito bene. Sono crollato alle dieci di sera e mi sono svegliato alle sette. Non accadeva dal giorno del sequestro”.
Rubati, come conferma l’armatore, diversi pc portatili, il gps, uno schermo radar, il forno in cucina, tutte le stoviglie. Ma anche strumentazioni di bordo dal peschereccio. “Hanno lasciato un casino”, dice Marrone. “Ma a me importa che ci sia la barca, il resto non conta”.
“Siamo stati anche accusati di essere trafficanti di droga, hanno scattato delle foto, ma non era vero niente”, le parole ai cronisti del pescatore tunisino Jemmali Farhat prima di entrare in caserma per essere interrogato dal Ros. Farhat ha spiegato: “Ci dicevano che avevano trovato 10 kg di droga, ma noi siamo pescatori, quale droga dobbiamo portare”.
“In carcere c’erano con noi diversi intellettuali, professori, scienziati, che venivano maltrattati. Sono stati arrestati senza alcun motivo. Sono lì per colpa dell’Isis. Il mondo intervenga”, ha poi detto Hedi Ben Thameur, 59 anni, uno dei pescatori tunisini sequestrati in Libia. L’uomo è appena uscito dalla caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo dove è stato interrogato. E’ molto provato. “Abbiamo dormito per più di tre mesi a terra, senza materasso, senza cuscino. Ho dolori su tutto il corpo e non mi davano nemmeno le medicine”, l’amaro sfogo di Thameur.
Adnkronos