La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso dello Stato contro la legge regionale che disciplinava le elezioni nelle ex Province. Salta dunque l’elezione diretta dei presidenti di Liberi Consorzi e Città metropolitane, che la Sicilia aveva voluto reintrodurre distaccandosi dal resto d’Italia, dove in forza della legge Delrio, gli organi delle ex Province sono scelti con una elezione indiretta, cioè votati dai rappresentanti dei Comuni.
La legge risale all’agosto dell’anno scorso. Venne impugnata dal governo nazionale secondo il quale le norme “contrasterebbero con la disciplina “armonizzante” sottesa al progetto di riforma avviato”, in particolare con la legge Delrio. Nella sentenza la Corte ha ribadito che “l’intervento di riordino di Province e Città metropolitane”, atuato con la Delrio, “rientra nella competenza esclusiva statale nella materia ‘legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane'”.
Secondo la sentenza depositata oggi, relatore Mario Morelli, “i previsti meccanismi di elezione indiretta (quelli della Delrio, ndr) degli organi di vertice dei nuovi ‘enti di area vasta’ sono, infatti, funzionali al perseguito obiettivo di semplificazione dell’ordinamento degli enti territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all’elezione diretta”.
Il cuore della sentenza sta nella qualificazione della Delrio come norma fondamentale di riforma economico-sociale, i che disinnesca la rivendicazione autonomista della Sicilia nel voler disallinearsi dalla norma statale.
Profili di illegittimità costituzionale vengono rilevati dalla Consulta anche nella norma che attribuisce un’indennità a sindaci metropolitani e presidenti di libero consorzio, cariche che per la Delrio devono essere gratuite. La previsione della legge nazionale, spiegano i giudici costituzionali, era volta “a ridurre la spesa corrente e a razionalizzare i costi degli enti locali; con la conseguenza che la Regione a statuto speciale, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogarvi.
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