La morte di un uomo, anche del peggior criminale mafioso, non può esser motivo di esultanza o di pesante sarcasmo.
Restiamo umani. Ognuno di noi renderà conto a Dio giusto e misericordioso. All’odio e alla violenza omicida più spregevole si risponde con ragionevolezza e chiedendo pene severe, certe ed esemplari. Chi sbaglia gravemente, uccide e danneggia fortemente gli altri deve essere punito e fermato perché si ravveda e possa rimediare, anche in minima parte, alle sue azioni malvage e disumane. La lotta alla criminalità organizzata ed alla mentalità mafiosa – che è più diffusa e pervasiva – deve essere quotidiana ed a tutti i livelli (culturale, sociale, economico, istituzionale, religioso). Nessuno può esimersi di combattere questo “cancro sociale”. È un grave errore (e un alibi) pensare che questa azione spetti ai magistrati, alle forze di polizia, a degli “eroi”. Ci ispirino in questa sfida permanente i tanti “Giusti di Sicilia” (Rosario Livatino, Peppino Impastato, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Rita Atria, Giuseppe Fava, Piersanti Mattarella, padre Pino Puglisi…), la loro dedizione, la loro passione educativa e civile, il loro sacrificio.
Don Francesco Fiorino