“Terroni ai forni”. A fianco della pulsantiera, scritto in piccolo. Ma il tono razzista amplifica a portata di quelle parole affermate con un pennarello. E fa emergere un disagio interno all’ospedale Tappeiner. Manifestato da un’infermiera che ha contattato la nostra redazione per esprimere il suo disappunto. Si sente oggetto della provocazione. “Si, veniamo dal sud. Per avere un lavoro”, racconta. E fa luce su un clima cinereo sotto il profilo occupazionale nel nosocomio, almeno in alcuni reparti. La diaspora degli infermieri altoatesini è una realtà con la quale i vertici dell’Azienda sanitaria si devono confrontare da tempo.
E alle ricerche sempre più spesso risponde personale accreditato proveniente da fuori regione. Fatto che a qualcuno sembra non andare giù. La scritta matrice antimeridionale è stata notata nel pomeriggio di martedì. Nell’ascensore, accanto al pulsante del primo piano dell’ala della torre D dell’ospedale. Dove si trova il reparto di geriatria. Vi lavorano circa venti infermieri. Una decina quelli provenienti dal sud Italia. Pugliesi, calabresi e siciliani. Vanno a coprire necessità che il mercato locale non riesce a sostenere. “Di quelle parole scritte con il pennarello nero abbiamo avvertito la caposala”, spiega l’infermiera. “Vogliamo sapere se vi sono delle videocamere che possano consentire di risalire all’autore”. Potrebbe essere un’azione isolata, ma dalla testimonianza traspare una cornice che suggerisce una diversa inquadratura.
C’è chi, almeno in certi reparti fra i quali appunto geriatria, non digerirebbe la presenza nell’organigramma di persone di altre regioni. Per esempio, vengono malviste le richieste di ferie o permessi di più giorni in coincidenza con le festività necessarie per affrontare viaggi lunghi per congiungersi alle famiglie. Battute tra colleghi sull’argomento non sarebbero una rarità, elemento che non contribuisce a un clima lavorativo disteso. Lo stesso accade per le domande dei permessi al fine di partecipare altrove a dei concorsi. Tuttavia la stessa infermiera che ci ha contattati esclude che l’autore possa essere un dipendente dello stesso reparto, dove parrebbe esserci una certa solidarietà. Ricorda contestualmente che l’essersi trasferiti in Alto Adige, lei alla pari di altri suoi colleghi, sia stata una necessità dettata dalla ricerca di un’occupazione. E che si sta parlando di contratti a tempo determinato di un anno con rinnovi. Assoggettati all’impegno di imparare la seconda lingua, il tedesco. Subito è stata chiesta la rimozione della scritta dell’ascensore. Ma la questione intanto è emersa. Ed è da affrontare.
Alto Adige – Simone Facchini (Merano)